Quasi settant’anni fa (era il 1954) nelle sale cinematografiche esce “L’oro di Napoli”, il film ad episodi diretto da Vittorio de Sica, entrato nella storia del cinema. Nel cast dei sei “corti” che compongono la pellicola troviamo padri e madri del grande schermo: Totò, Sophia Loren, Eduardo De Filippo, Tina Pica, Paolo Stoppa, Gigi Reder, lo stesso Vittorio de Sica e Silvana Mangano. Quest’ultima, tra l’altro, vinse il Nastro d’Argento come attrice protagonista, mentre Stoppa lo vinse come attore uomo.
II film fu tratto dall’omonima raccolta di racconti di Giuseppe Marotta, scrittore, giornalista, sceneggiatore e paroliere napoletano. Infatti nacque nella nostra città il 5 aprile 1902, in una casa di via Nuova Capodimonte, da padre e madre avellinesi. Quando frequenta le scuole elementari rimane orfano del padre, una situazione che, al di là del dolore, peggiora le condizioni economiche della famiglia, composta, oltre che dalla madre, da altri tre fratelli.
I Marotta vanno ad abitare in un locale della chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi, nell’omonima via, tra l’altro quello fu il set di una scena de “L’oro di Napoli”.
Dopo aver iniziato a studiare all’istituto tecnico, entra a lavorare in un’azienda pubblica del gas, ma la passione per la scrittura lo porta a cercare collaborazioni come giornalista. Lavora con “La Tribuna illustrata”, testata di Roma e con “Noi e il mondo”, che, tra l’altro, gli pubblicano alcune novelle. A ventitre anni decide di dare una svolta alla propria vita, trasferendosi a Milano, conoscendo subito la difficoltà del trovarsi solo nella “capitale” del Nord, dove è difficile trovare lavoro, amicizie, “agganci”, infatti per qualche tempo vivrà senza una dimora.
Però le sue novelle e i suoi racconti vengono notati e apprezzati sia dalla Arnoldo Mondadori editore che dalla Rizzoli, che gli permettono di guadagnare qualche lira e iniziare ad avere una vita più stabile.
La vera svolta giunge con l’assunzione al “Corriere della Sera”, dove si occuperà di cinema, passa poi alle sceneggiature cinematografiche e teatrali e alla narrativa. Il suo primo libro pubblicato è “Tutte a me”, del 1932, poi scrive “Divorziamo per piacere” e “Questa volta mi sposo”. Nel 1947 esce “L’oro di Napoli”, a dimostrazione che la sua città non l’ha mai dimenticata, infatti parliamo di trentasei racconti pubblicati dal Corriere in terza pagina che trattano di faccende partenopee. Seguono poi “San Gennaro non dice mai di no” e “A Milano non fa freddo”. In totale scriverà (tra il 1932 e il 1962) trenta libri, tra cui il romanzo umoristico, sempre ambientato a Napoli, “Gli alunni del sole”, il cui titolo fu adottato come nome dal popolare gruppo musicale capeggiato dai fratelli Paolo e Bruno Morelli, che negli anni settanta raggiunsero una discreta notorietà a livello nazionale (soprattutto con il brano “Liù”).
I lavori letterari di Marotta ispirarono non solo per la realizzazione del film “L’oro di Napoli”, ma anche “Tempi nostri – Zibaldone n. 2”, con il Quartetto Cetra, Alberto Sordi, Totò, Edurado De Filippo e Marcello Mastroianni. Ma Marotta fu anche sceneggiatore di oltre dieci pellicole, produttore del documentario “Mondo nudo” e autore di una quindicina di canzoni napoletante, tra cui “Te voglio bene” e “Mare verde”.
Nel 1955, sulla rivista “Epoca”, uscì l’intervista di Enrico Roda proprio a Giuseppe Marotta, in cui il giornalista pone all’intellettuale partenopeo una quarantina di domande: “con quale attributo le piacerebbe passare alla storia?”; la risposta fu, “Marotta il napoletano”. E Ancora, “qual’è secondo lei il segreto del successo di un uomo?”, e lui rispose, “la solerzia e l’impegno, perchè anche un imbecille può avere successo, ma deve sfacchinare”.
L’intellettuale napoletano morì nella nostra città il 10 ottobre 1963 (quindi recentemente c’è stato il sessantesimo anniversrio della scomparsa), pochi giorni dopo, in Tv, fu trasmessa, in suo onore, l’edizione del Festival di Napoli del 1959, che propose la canzone dello stesso Marotta “Mbraccio a te”.
Fabio Buffa
