-Per poter depistare le indagini ed insabbiare la verità sull’assassinio di Ilaria Alpi, l’avvocato Carlo Taormina (Forza Italia – presidente della Commissione parlamentare antimafia che si è occupata della vicenda) ha fatto arrivare dalla Somalia (con la collaborazione dell’imprenditore Giancarlo Marocchino, sospettato dalla magistratura – più volte – di essere coinvolto in traffici sporchi che confluivano in Somalia. Soprattutto nella cosìddetta operazione “Urano”) una Toyota spacciata per la stessa a bordo della quale erano stati uccisi Ilaria e Miran.
Utilizzando questa vettura, al cui interno vi erano tracce di sangue appartenenti a soggetto di sesso femminile, l’avvocato Taormina ha sostenuto (scrivendolo nella sua relazione finale, alla quale non tutti i membri si sono associati) che i due giornalisti erano stati colpiti non a distanza ravvicinata (colpiti da una pallottola che dopo aver raggiunto Miran attraversa la fodera del sedile anteriore passeggero arrivando ad Ilaria seduta dietro) nel corso di un tentativo di rapina finito male o nel corso di un tentativo di sequestro finito male. Aggiungendo che i due giornalisti si erano recati a Bosaso per una vacanza.
L’avvocato Taormina e gli altri membri hanno acquisito una quantità notevole di materiale nonchè di testimonianze che provavano il contrario rispetto alla sua offensiva-inverosimile conclusione, sia in relazione alla presenza di Ilaria e Miran a Bosaso sia in relazione alle ricerche di Ilaria sui traffici di armi e di rifiuti tossici (ne ho parlato ampiamente ieri sera nella seconda parte di questa ricostruzione). Ha ignorato queste prove e ha accusato di depistaggio tutti i giornalisti che si rifiutavano di accettare la sua tesi (intimorendoli con perquisizioni e sequestri di materiale da lavoro ad opera della Polizia giudiziaria). Ha ignorato persino nuove informazioni trovate in Somalia da un gruppo di giornalisti italiani e portate all’attenzione della sua Commissione (elementi in più che confermavano ulteriormente la fondatezza del lavoro di Ilaria in merito ai traffici sporchi che finivano in Somalia, nonché la presenza di materiale sospetto sotto il manto stradale nella zona Garowe-Bosaso). Anche il Ministero degli esteri e i servizi segreti italiani hanno impedito – di recente – nuovi approfondimenti sulle ricerche che stava svolgendo Ilaria in Somalia tra il 14 ed il 20 marzo 1994.
Il depistaggio più grave della sua Commissione è rappresentato ovviamente dall’uso della Toyota: è stato accertato che l’auto fatta arrivare dalla Somalia con l’aiuto di Marocchino (al contribuente italiano è costato 40.000 euro questo spostamento del mezzo a quattro ruote) non si trattava della stessa vettura coinvolta nell’agguato di Mogadiscio ed è stato accertato che il sangue femminile presente nell’abitacolo della stessa non apparteneva a Ilaria Alpi (questo dato è stato accertato grazie all’esame del DNA – Taormina aveva fatto di tutto per impedire una indagine scientifica genetica per risalire al DNA presente nella traccia ematica di sesso femminile. Taormina aveva fatto di tutto per impedire che la Procura di Roma seguisse l’operato della sua Commissione verificando quanto andava emergendo attraverso l’attività dei suoi membri).
-Un altro grave depistaggio (di Stato) è rappresentato ovviamente dall’accusa di assassinio a carico di Hashi Omar Hassan: a manovrare questa operazione sono stati l’Ambasciatore italiano in Somalia Giuseppe Cassini e tale Hamad “Washington” (Washington è un soprannome che gli è stato dato per la sua vicinanza con gli americani), quest’ultimo rappresentante della Comunità europea a Mogadiscio (sembra che si occupasse anche di armi).
Per fare di Hassan un capro espiatorio (il povero somalo sconterà ingiustamente 16 anni di detenzione – anche grazie alla battaglia di Luciana Alpi Riccardi, la madre di Ilaria, sarà riconosciuta la sua innocenza e sarà emessa una sentenza di assoluzione definitiva dopo una revisione processuale a fronte della condanna definitiva) alcune persone (somale) sono state persuase ad accusarlo. Come colui che fece da autista ad Ilaria e Miran il giorno dell’agguato di Mogadiscio (morto ufficialmente per overdose qualche anno dopo – poco prima del decesso aveva deciso di uscire dal programma protezione testimoni e aveva annunciato clamorose rivelazioni), come altri finti testimoni oculari che hanno fatto perdere ogni traccia.
Soprattutto “Gelle”: sarà lo stesso “Gelle” a ritrattare tutto tempo dopo ammettendo che le sue dichiarazioni contro Hassan erano false (d’altra parte da subito erano apparse inverosimili: aveva fornito una ricostruzione dei fatti che assolutamente non corrispondeva alla reale dinamica dell’agguato. Aveva collocato, con il suo racconto, Ilaria sul sedile anteriore del passeggero al momento della sparatoria quando la giornalista Rai era invece seduta dietro). Per accusare l’innocente Hashi Omar Hassan l’Ambasciata italiana a Mogadiscio aveva promesso a “Gelle” denaro, la possibilità di vivere per sempre in Europa, un lavoro a Roma (cosa che avverrà: attraverso il Ministero dell’interno “Gelle” ottenne un impiego come operaio in una officina della Capitale, prima di lasciare l’Italia e rifugiarsi per ultimo in Inghilterra).
-Chi sono i mandanti dell’omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin? Almeno chi sono gli uomini che – a livello intermedio – hanno la responsabilità dell’organizzazione dell’agguato? Allo scopo di impedire che Ilaria raccontasse all’Italia quanto aveva scoperto sui traffici sporchi (armi e rifiuti tossici) nel Corno d’Africa.
Ci sono stati due informatori abbastanza attendibili su questo punto (le cui identità sono state coperte dall’autorità che ha raccolto i loro racconti per ovvie ragioni di sicurezza): il più recente ha detto che a decidere l’uccisione di Ilaria e Miran sono stati l’Ingegner Omar Said Mugne (l’armatore della flotta internazionale Shifco), il Colonnello Osmad Mohamed Sheik (un trafficante d’armi), Abikar Mohamed Ali (un uomo che lavorava per la Shifco), Samathar Mohamed (un uomo addentro alle attività della Cooperazione Europa-Africa).
Secondo il primo informatore, invece (il suo racconto viene raccolto dalla Digos di Udine nel maggio 1994 – due mesi dopo l’agguato di Mogadiscio) – a parer mio è quello maggiormente attendibile: l’assassinio di Ilaria e Miran è stato deciso il 15 marzo 1994 al termine di una riunione che si è tenuta in casa di Ali Mahdi (l’uomo che contendeva Mogadiscio al Generale Aidid, nel contesto della guerra civile di allòra e dopo la caduta del sanguinario nonché corrotto dittatore filo-Occidentale Siad Barre).
Alla riunione erano presenti: Ali Mahdi (la zona nord di Mogadiscio era sotto il suo controllo – proprio dove vengono uccisi Ilaria e Miran), l’imprenditore italiano Giancarlo Marocchino (vicino ad Ali Mahdi anche per motivi di parentela – ha la casa e il magazzino a pochissima distanza dal luogo dell’agguato), il fratello del Sultano di Bosaso (colui che Ilaria intervista il 15 marzo 1994 ponendogli domande precise sull’Ingegner Mugne, sulle navi della flotta Shifco, su traffici di armi e di rifiuti tossici), l’Ingegner Omar Said Mugne (l’armatore della flotta Shifco), Gilao (Generale della Polizia somala – colui che accorre sul luogo dell’agguato assieme a Marocchino. La Polizia somala aveva il comando praticamente dinanzi al luogo dell’attentato e una importante testimone disse che 2 dei 7 killer che uccisero Ilaria e Miran indossavano la divisa della Polizia somala). Marocchino e Gilao avrebbero organizzando il commando omicida (Marocchino disponeva di molti uomini somali e di molte armi).
Il volo Bosaso-Mogadiscio del 16 marzo 1994 sarebbe stato perso, da Ilaria e Miran, a causa di Giuseppe Cammisa (uomo di fiducia a Bosaso di Francesco Cardella, fondatore della comunità Saman vicino Trapani. Cardella gestiva affari, nella zona di Bosaso, che si inserivano nelle attività della Cooperazione Europa-Africa. Probabilmente nella mala-Cooperazione: attività irregolari o illegali coperte da progetti mai realizzati, come la costruzione di un ospedale. Cammisa era a Bosaso nello stesso momento in cui lì si trovavano anche Ilaria e Miran: qualcuno comunicò a lui e ad un certo “Condor” – con un messaggio in codice tipico dei servizi segreti – di lasciare Bosaso per “Presenze anomale” in zona. A tale “Condor” fu comunicato di tenersi pronto ad intervenire. Cammisa prese lo stesso aereo che fu perso da Ilaria e Miran).
*Nel corso di una intercettazione telefonica Giancarlo Marocchino (imprenditore che viveva in Somalia dal 1984 e che si era inserito nella Cooperazione Europa-Africa fornendo, in cambio di denaro, mezzi privati e suoi uomini alle autorità di Stato/militari sul territorio somalo) sostenne di aver saputo che la Polizia somala conobbe da subito i nomi dei 7 uomini che fecero fuoco contro Ilaria e Miran. Non solo: aggiunse di poter acquisire un documento, proveniente da ambienti della Polizia somala, nel quale erano scritti i nomi dei 7 killer. “E’ come avere una bomba atomica in mano” commenta Marocchino intercettato.
*Ad uno dei suoi avvocati Giancarlo Marocchino confida che anche gli americani erano coinvolti negli sporchi traffici attivi nel Corno d’Africa: trasportavano con dei camion (a volte i veicoli saltavano in aria) le scorie nucleari.
E’ stato accertato, infatti, che oltre al nord Europa, all’Italia, al Medio Oriente, all’ex Unione sovietica anche gli Stati Uniti d’America partecipavano a queste attività criminali (dell’assassinio di Ilaria e Miran è sospettato anche un somalo che ha lavorato per la Cia, tale Hashi Hibrahim Addow – Secondo una nota riservata sul delitto Alpi-Hrovatin l’agguato di Mogadiscio era stato commissionato dalla Cia).
In queste attività criminali entravano, oltre a numerosi trafficanti, Gladio – il Sismi – il centro Scorpione di Trapani – la ‘Ndrangheta – la Camorra dei Casalesi – Cosa Nostra siciliana, soprattutto quella del trapanese – la flotta internazionale Shifco, si serviva di navi peschereccio donate dal Governo Craxi al suo amico somalo Siad Barre – faccendieri legati al Psi di Bettino Craxi – gli affari del craxiano Francesco Cardella, fondatore della comunità Saman a Lenzi/Trapani. Gli americani fornivano molte armi alla Polizia somala. Le scorie nucleari venivano gettate in mare o interrate sotto il manto stradale, come per la Garowe-Bosaso (costruita dalla Cooperazione Europa-Africa tra il 1987 ed il 1991 sotto il regime di Siad Barre).
Le scorie provenivano principalmente da Paesi come Francia, Germania, Olanda, Svizzera. I rifiuti tossici venivano ceduti alla Somalia in cambio di armi per portare avanti la guerra civile (tra il Generale Aidid ed il suo antagonista Ali Mahdi era soprattutto quest’ultimo a trarne vantaggio per i propri interessi).
*Anche l’avvocato di Giancarlo Marocchino è un personaggio “interessante”: iscritto al Movimento sociale italiano, ha partecipato all’organizzazione di alcune “Leghe meridionali” (piccoli movimenti politici creati per volere di Cosa Nostra siciliana e formati da candidati collegati alla mafia siciliana – scopo: inseguire il modello della Lega nord di Bossi-Miglio staccando la Sicilia dal resto d’Italia con un programma eversivo. Operazione tentata alla vigilia della trattativa Stato-Mafia 1992-1994 e alla viglia delle stragi terroristico-mafiose del 1992-1993). Era vicino a Stefano Delle Chiaie, neofascista sospettato di aver avuto un ruolo nella strage di Capaci (prima di essere ucciso Giovanni Falcone stava indagando sui rapporti tra Gladio e Cosa Nostra siciliana – dopo la strage di Capaci anche Paolo Borsellino prese in considerazione l’ipotesi di un coinvolgimento di Stefano Delle Chiaie nell’attentato del 23 maggio 1992, iniziando ad acquisire informazioni su questa pista investigativa come è emerso di recente).
A cura di Daniele Spisso
