Romina Del Gaudio – Sul reggiseno che indossava la ragazza il giorno del suo assassinio è stato scoperto un DNA maschile. Appartiene al mostro che l’ha uccisa?

Tra gli errori più gravi che hanno commesso gli investigatori in relazione al delitto di Romina Del Gaudio ci sono la totale assenza di indagini nel periodo che va dalla scomparsa della ragazza (venerdì 4 giugno 2004, Aversa) al ritrovamento dei suoi poveri resti martoriati (mercoledì 21 luglio 2004, bosco della Reggia di Carditello) e i primi esami sul DNA.

Per due ragioni molto semplici: pur avendo raccolto la denuncia di scomparsa presentata dalla signora Grazia Gallo (la madre di Romina) le forze dell’ordine arrivarono a un giudizio di “allontanamento volontario”. Se da subito la macchina degli inquirenti si fosse attivata non sarebbero stati sottratti 47 preziosi giorni alle indagini. Gli accertamenti scientifici sono stati compiuti su un reperto (uno slip femminile) che pur essendo presente nel bosco della Reggia di Carditello – appeso ad un ramo d’albero – era distante dai resti del corpo di Romina, non fu riconosciuto da Grazia Gallo come uno degli indumenti intimi appartenenti alla figlia, presentava sul proprio tessuto esclusivamente un profilo maschile (mancava un DNA femminile, soprattutto mancava il profilo di Romina Del Gaudio).

Dopo quasi 20 anni dal delitto e dopo quattro archiviazioni (l’ultima nel luglio 2021) il magistrato Dott.ssa Gerardina Cozzolino (Procura della Repubblica di s. Maria Capua Vetere. Competente per territorio) ha deciso – per fortuna – di non arrendersi e, accogliendo un altro esposto depositato dall’avvocato Francesco Stefani (legale di parte civile di Ciro Gallo, lo zio di Romina), ha disposto maggiori approfondimenti in termini di indagini scientifiche.

Con una novità, importante e soprattutto tanto attesa: all’esame degli specialisti che operano nel campo delle Scienze forensi sono passati, finalmente, gli indumenti che la giovane vittima indossò il 4 giugno 2004 – quando si recò in auto ad Aversa con una ragazza e due ragazzi suoi colleghi della Global impact / società di Napoli finalizzata a promuovere contratti commerciali con la società di telefonìa Wind – e che l’assassino (o chi lo aiutò ad abbandonare il cadavere della povera ragazza) lasciò nel bosco della Reggia di Carditello a pochi metri di distanza da Romina.

Si trattava di un paio di scarpe modello sportivo, un pantalone jeans chiaro, un giubbetto di colore scuro, una maglietta di colore scuro, il reggiseno di colore scuro. Fortunatamente custoditi in questi 20 anni.

La svolta è arrivata grazie all’analisi del reggiseno: dallo stesso è stato acquisito un DNA maschile. Il risultato è stato comunicato all’avvocato difensore di parte civile di Ciro Gallo (Francesco Stefani) ma a partire da quel momento – è trascorso ad oggi più di un anno – non sono pervenute ulteriori comunicazioni dall’ufficio del magistrato titolare dell’inchiesta.

Questo DNA maschile appartiene all’assassino di Romina? Per logica deduzione deve essere così: tra Romina ed il suo carnefice c’è stato un contatto fisico diretto per una aggressione di verosimile natura sessuale. Non è stato possibile accertare se c’è stata o no violenza carnale (l’autopsia è stata ostacolata dai resti del povero corpo) ma è stato possibile accertare che Romina era nuda quando fu assassinata e abbandonata in quel bosco, fu colpita con una coltellata alla schiena prima di essere uccisa con due colpi di pistola alla testa (fu usata una calibro 22), il suo reggiseno fu strappato dall’assassino e perciò toccato dallo stesso.

Per quale ragione la Procura della Repubblica tace da più di un anno dopo questa clamorosa scoperta? Dopo essere arrivata ad un dato che potrebbe dare una svolta a questa tragica vicenda?

Il profilo è stato comparato con qualcuno dei sospettati noti? Ha dato esito positivo al momento della comparazione ma si cercano ulteriori riscontri? Ha dato esito negativo al momento della comparazione, così portando il magistrato a ritenere l’assassino estraneo alla lista dei sospettati noti? Estraneo ai nominativi contenuti in una banca dati sul DNA? Incensurato?

Le piste che con una certa probabilità possono risolvere il giallo sono attualmente 2: la prima porta all’ipotesi di un predatore occasionale. Uno sconosciuto che nota Romina in strada, ad Aversa, perde la testa e la obbliga a seguirlo sotto minaccia per abusarne (uccidendola per impedirle di denunciare la violenza subìta). Un individuo pericoloso dal momento che aveva con sé non soltanto un coltello ma anche una pistola calibro 22.

Lungo il percorso che portava ai resti del corpo di Romina, all’interno del bosco della Reggia di Carditello, fu trovata – sul fogliame, al suolo – una tessera d’iscrizione ad una piscina di Parete (un Comune del casertano).

Un elemento che, per quasi 20 anni, stranamente, non è stato preso mai in considerazione dagli investigatori. Al punto che per quasi due decenni non sono state compiute delle ricerche neanche per risalire al nome del possessore di tale documento. Ci è riuscito, dopo pazienti e complicate verifiche, l’investigatore privato consulente dell’avvocato Francesco Stefani, il Dott. Giacomo Morandi (affiancato dal consulente criminologo Dott.ssa Luisa D’Aniello). La tessera era di un uomo – oggi ancora vivo – che all’epoca del delitto aveva 35 anni.

Cosa ci faceva quella tessera nel bosco della Reggia di Carditello a poca distanza dal corpo di Romina Del Gaudio? E’ un luogo particolare, bisogna addentrarsi di proposito e per una ragione specifica in una zona come quella.

La seconda pista porta ad un conoscente che, attratto da Romina, può averla seguita da Napoli ad Aversa (all’inizio i colleghi della ragazza avevano deciso di portarsi a Giugliano. Cambiarono decisione dirigendosi ad Aversa) animato da brutte intenzioni.

Il principale sospettato di questa seconda pista è, ad oggi, tale Luciano Agnino. 28 anni nel 2004, Luciano Agnino (pregiudicato, tuttora vivente) abitava nella stessa strada di Romina Del Gaudio (in via Camaldolilli al Vomero – Napoli) ed era follemente invaghito di lei. Ossessionato da Romina.

Dopo la scomparsa di Romina si mette in contatto telefonico con la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? e cerca di depistare le ricerche: racconta di aver visto la ragazza alla stazione ferroviaria di Caserta, in compagnìa di alcuni punk ed in attesa di prendere un treno diretto a Busto Arsizio. E’ una menzogna perché nessun treno in transito per Caserta arriva a Busto Arsizio.

Successivamente interrogato Agnino ammette di aver mentito. Fa di peggio: fornisce un alibi e chiama come testimone a favore Fabio Fiore, un suo amico che abita nello stesso quartiere di Agnino e di Romina. Anche sull’alibi mente: dice che si trovava fuori Napoli per lavoro il 4 giugno 2004. Non è vero: il giorno della scomparsa di Romina era a Napoli. Viene smentito dai suoi stessi familiari ed in particolare da sua sorella.

Messo alle strette durante l’interrogatorio Agnino dichiara “Vuoi vedere che a questo punto l’ho uccisa io a Romina? Vuoi vedere che sono stato io a darle una coltellata?”. Quando Agnino rilascia queste dichiarazioni Romina ancora non è stata trovata: in quel momento ancora nessuno sa che è morta, ancora nessuno sa che è stata uccisa, ancora nessuno sa che l’assassino l’ha colpita con un coltello.

Gli investigatori sequestrano un coltello e sequestrano i mezzi di trasporto di Luciano Agnino e Fabio Fiore ma nessuna traccia rilevata dalla Scientifica sugli stessi porta a Romina o al suo assassinio. Entrambi vengono scagionati dalla prova scientifica ma l’indagine è stata condotta su un DNA maschile presente su uno slip femminile lontano dal corpo di Romina e non riconosciuto da Grazia Gallo come in uso alla figlia.

Raggiunto sotto casa dall’inviata del programma televisivo Chi l’ha visto? Maria Lucia Monticelli, qualche anno dopo l’omicidio, Fabio Fiore dice di non aver mai conosciuto Romina Del Gaudio e di essere estraneo al delitto. Minaccia di morte sia l’inviata del programma tv sia il cameraman della stessa parlando di pistola e di coltello. Afferma di essere un “esponente di sistema” ovvero, come lui stesso precisa, un mafioso. Un fatto gravissimo sul quale, purtroppo, non c’è stato l’intervento della magistratura e neanche quello, in difesa di Maria Lucia Monticelli, dell’Ordine dei giornalisti.

Pur nel rispetto della fisiologica segretezza dell’indagine è comprensibile, arrivati a questo punto, il desiderio di sapere come è progredita l’inchiesta dopo la scoperta di questo DNA maschile acquisito dal reggiseno di Romina Del Gaudio. Considerando che da allòra ad oggi è passato più di un anno.

Che si sia trattato di un predatore occasionale incontrato per disgrazia ad Aversa o di un conoscente/spasimante che ha pedinato Romina sin da Napoli mosso da brutte intenzioni questo DNA ci porta, probabilmente, ad un passo dalla verità e quindi ad un passo dalla identificazione del mostro che ha tolto la vita alla povera ragazza quel 4 giugno 2004.

Questo assassino non ha solo cancellato la vita di Romina, impedendole di continuare a vivere ad appena 19 anni di età (ne avrebbe compiuti 20 il 25 luglio di quel 2004. Quattro giorni dopo essere stata trovata martoriata nel bosco della Reggia di Carditello): ha distrutto una famiglia, ha fatto morire di dolore e di sofferenza la madre di Romina (Grazia Gallo, scomparsa nel settembre 2014), ancora oggi lascia ferite nei parenti della vittima. Ferite che non si rimargineranno mai più.

Questo mostro non può continuare a farla franca. Non può restare impunito.

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