“Lo spartito della Vita”, la profondità di sognare nel primo romanzo di Paola Lamonica

“Lo spartito della Vita” è il titolo del primo romanzo di Paola Lamonica, giovanissima studentessa e scrittrice 19enne nata e cresciuta a Secondigliano: una sognatrice dall’animo profondo e sensibile, Paola ha scritto la sua prima pubblicazione per lanciare un messaggio d’amore e d’inclusione e ha deciso inoltre, grazie ad una sua insegnante ed un amico madrelingua, di tradurre il libro in spagnolo, rinominandolo “La Partitura de la Vida”. Entrambe le versioni, quella italiana e quella spagnola, sono disponibili su Amazon in formato cartaceo ed e-book.

Ci racconti la genesi del romanzo?

«“Lo Spartito della Vita” mi ha accompagnata per tutta la durata dell’ultimo anno delle superiori: è stato un viaggio tortuoso e lungo in contraddizione con la brevità del libro stesso. È una novella breve, di un’ottantina di pagine: dunque veloce da terminare per chi, i libri, li divora quotidianamente. La chiamo “novella” perché è un po’ inusuale il linguaggio che ho utilizzato per la stesura e lo intendo per indicare che si presenta molto filosofico e da qualcuno potrà essere giudicato “pesante”, ma per me è il modo migliore per esprimermi. La nascita di questo libro è stata influenzata molto da quello che ritengo il libro del mio cuore, “Il Destino Gioca D’Azzardo” di Claudia D’Arpa, che ha letteralmente messo le radici alla mia personalità e interiorità e che mi ha permesso di dare luce così alla mia storia.

Durante la stesura, sono stata aiutata molto da alcune mie professoresse che ci terrei a citare: la professoressa Anna Zarlenga, in primis, per tutto il processo di revisione, creazione della copertina e pubblicazione; la professoressa Simona Piscopo per il supporto e la costante presenza e la professoressa Carmen Lubrano per l’aiuto nella revisione dell’edizione spagnola dello stesso. Senza di loro, non ce l’avrei mai fatta».

Qual è la trama del racconto?

«La storia tratta di due ragazzi, Sol e Theodore, e viene raccontata dal punto di vista del primo attraverso l’amore che prova per il secondo. Non l’ho mai catalogata solo come “storia d’amore” perché l’intento e la genesi della storia si basano sulla crescita dei personaggi e sui cambiamenti a cui vengono sottoposti a partire dalla loro forma di pensiero, alla loro crescita personale, fino agli stili di vita.

Infine, i due personaggi sono entrambi uomini: ma la storia non nasce solo con l’intento di mandare un messaggio di inclusione quanto di normalizzazione. L’amore è amore in qualsiasi forma si presenti: nulla cambi«.

Hai tradotto “La Partitura della Vita” anche in spagnolo. Com’è stato ritrovare le parole giuste in una lingua diversa dalla tua? È stato complesso il processo di traduzione?

«Non è stato per nulla facile il processo di traduzione, a partire dal titolo a tutto il resto: in spagnolo oggi è “La Partitura de la Vida”, ma ancora prima aveva una forma completamente diversa. Non ce l’avrei mai fatta da sola. Il tutto mi è stato facilitato grazie all’aiuto non solo della professoressa Carmen Lubrano, ma anche a quello di un mio carissimo amico conosciuto a Siviglia, a seguito di un Erasmus che mi ha cambiata totalmente, che si è prestato alla modifica di così tante cose: essendo madrelingua, Rodrigo ha dato un contributo importantissimo alla stesura della traduzione. Non è mai facile trovare davvero le parole giuste alla propria interiorità cambiando lingua, ma posso dire con certezza che l’universo trovato in quella spagnola è adatto all’identità del libro. Ne sono soddisfatta. Sono state apportate anche altre differenze rispetto all’edizione italiana come l’aggiunta di una playlist e diverse grafiche. Ha avuto anche più impatto rispetto a quello italiano, ricevendo più recensioni… Non me lo aspettavo!».

Nella tua storia si fa riferimento alla musica, anche se in senso metaforico. Come ha influenzato la musica la tua scrittura e che ruolo ha nella tua vita?

«La musica è salvezza, nella mia vita non ho mai trovato redenzione in qualcosa quanto nella musica, nella scrittura e nell’arte. Anche i miei sogni sono nati e sono stati influenzati dalla musica: il più grande tra tutti è quello di andare in Corea del Sud e questo sogno nasce dalla scoperta di un genere musicale appartenente proprio a questo Paese. La musica mi fa sentire capita, mi commuove e ho un rapporto particolare con lei, molto simile a quello con la scrittura: arrivano periodi di distanza tra noi davvero lunghi e poi arriva quello di totale immersione che ci permette di tornare come una cosa sola, più fusi di prima. Era l’unico modo per intitolare e spiegare perfettamente l’amore che c’è in “Lo Spartito della Vita” e la sua forma totalizzante: perché la vita, per me, è proprio questo quanto anche un’opera d’arte, un quadro. Siamo noi gli scrittori, i pittori: i creatori di questa vita che tendiamo a sottovalutare e a dimenticare ogni giorno. Possiamo tutto perché siamo noi ad avere il potere sulla penna e sul pennello. Anche se certe volte crediamo di essere insignificanti anche per noi stessi».

Cosa diresti a chi vorrebbe cimentarsi nella scrittura di un primo romanzo ma nutre qualche timore?

«Gli direi di non nascondere la paura che prova ma di usarla per scrivere. E soprattutto, di creare. Un mio amico, Pasquale, una volta mi ha confortata in un momento di insicurezza dicendomi che bisogna creare per sentirsi completi nella propria interezza, per esistere davvero: buttarsi nella creazione, senza pretendere da noi stessi qualcosa di straordinario. Non possiamo aspirare alla perfezione, non solo perché non esiste, ma perché non daremmo un principio a qualcosa senza prima crearne una “sbagliata”. Nell’imperfezione o nella banalità, direi a chi ha voglia di scrivere, di creare e rischiare queste due possibilità, che non determinano la fine del mondo né della propria esistenza. Di dare voce alla propria anima e di farlo senza pretese. Non esiste limite né età, non posso assicurare che non vi sarà paura o timore, io a 19 anni ne ho tanta ma cerco di sconfiggerla proponendole sfide continue, molte persone non vi sosterranno nel processo e nemmeno nella finitura del progetto ma credetemi, ci saranno altre che arriveranno che vi faranno capire che tutto non sia stato vano ma meravigliosamente rivoluzionario».

Sara Finamore

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