Anika Russo: dalla timidezza al palco, un viaggio di passione e resilienza nel teatro

Una passione per il teatro che nasce per caso e che diventa poi un punto di riferimento caratterizzante nel corso degli anni, un modo per raccontare e per raccontarsi: questa è la storia di Anika Russo, secondiglianese, attrice di teatro fin da piccolissima per combattere la timidezza e amante dell’arte a 360 gradi. Abbiamo avuto modo di fare due chiacchiere con lei per scoprire anche come quest’amore per la recitazione è diventato poi un lavoro.

Come nasce questa passione per il teatro?

«Già da piccola sentivo di avere un po’ una predisposizione verso l’arte, soprattutto l’arte teatrale. Infatti, amavo molto le commedie di Eduardo e in generale tutte le commedie napoletane, come quelle di Totò e Scarpetta. Mia mamma frequentava una compagnia teatrale amatoriale e così, intorno ai 12 anni, mi trovai per caso catapultata su un palcoscenico e poi da lì ho capito che quella era la mia strada; essendo una ragazzina molto timida ed introversa, il teatro era un modo perfetto per esprimermi. Da quel momento quindi ho cominciato a seguire dei corsi di recitazione sia a Napoli che a Roma, ho fatta tanta gavetta e ad oggi sono 25 anni che recito».

A quali progetti stai lavorando attualmente?

«Ho appena concluso, e non so se proseguirà prossimamente, la partecipazione nella soap “Un posto al sole”. A giugno scorso ho vinto un reality su Canale 8 Channel, “Prenditi cura di me”, che mi ha visto protagonista per sei mesi sulla rete televisiva. Però sto concentrando le mie forze per riportare il teatro a Secondigliano».

Invece quali sono i progetti prossimi?

«Vorrei continuare a scrivere per il teatro naturalmente, ma soprattutto vorrei lavorare sul territorio, per Secondigliano: tramite l’associazione “Agorà Partenopea” di Manuel Fabozzo stiamo lavorando insieme per portare iniziative culturali, eventi per parlare di musica, di teatro e di spettacoli che riguardano sempre il sociale. L’idea sarebbe quella di organizzare anche dei corsi di teatro per i ragazzi, soprattutto per quelli a rischio di dispersione scolastica, per cercare di dare un’opportunità ai giovani sul territorio: il teatro aiuta ad essere più empatici e aiuta anche ad improvvisare, due caratteristiche che si riscontrano nella vita di tutti i giorni. Nonostante io abbia avuto esperienze cinematografiche, sono molto legata al mondo del teatro, perché è vero al 100%, non ci sono filtri e poi l’esibirsi dal vivo sul palco insegna tantissimo. Mi auguro davvero di poter riuscire in questo progetto per il quartiere».

Qual è il ricordo della tua carriera a cui sei maggiormente legata?

«Ne ho diversi, ma sicuramente il momento in cui, 2 anni fa, sono riuscita a portare in scena uno spettacolo scritto da me e che raccontava di me, di un mio disagio. Purtroppo, sono stata vittima di un problema ormonale che mi ha portato una folta peluria sul viso e questo mi ha condizionata molto e sono stata derisa dai miei compagni. Attraverso il teatro, ho trovato la forza di raccontarlo, di scriverlo e di portarlo in scena ed è stata un’esperienza che mi ha insegnato tanto: non dobbiamo solo parlare di determinati temi, ma ci dobbiamo mettere la faccia, perché magari c’è tanta gente che, in questo momento, si sente o si è sentita come noi e che non ha la possibilità di esprimersi in nessun altro modo e ha bisogno di essere ascoltata, di essere rappresentata. Quindi, semmai dovessi avere ancora l’opportunità di riportarlo a teatro, vorrei tanto far girare questo testo teatrale che utilizza il disagio della peluria come metafora, ma in realtà parla di un problema di qualsiasi genere, di una qualsiasi situazione possa crea questa stessa condizione di disagio. Nel mio caso, il pelo era il mio disagio, ma purtroppo ognuno vive i propri e possono essere davvero drammatici».

Cosa vorresti dire a chi decide di intraprendere la strada del teatro o desidera una carriera in questo settore?

«Sarei banale se dicessi “seguite i vostri sogni”, ma è giusto così, nonostante tutto: ci saranno sicuramente periodi di buio, di abbattimento e soprattutto chi penserà di screditare, in una società molto materialista, il lavoro di attore, di musicista e di artista in generale. Questo perché è visto come un lavoro molto precario, soprattutto all’inizio di una carriera e in prima battuta è davvero così, ma dico di non prestare attenzione alle voci che chiedono “ma ce l’hai un piano B?” oppure “ma quando te lo trovi un lavoro serio?”, perché a volte è necessario lottare per non omologarsi in questa società. Poi, a chi si trova in un momento di difficoltà mentre sta cercando la sua strada artistica, dico di non vergognarsi se durante il percorso si approccia a lavori lontani da questo mondo, che non sono in linea con quanto progettato, perché diventano necessari in alcuni casi per mantenersi economicamente, mentre si lavora sui propri sogni. Anche io stessa ho dovuto e tutt’ora devo conciliare diverse collaborazioni artistiche: la recitazione a teatro, quella cinematografica, ma anche il prestare servizio in associazioni che lavorano nelle case famiglia. In ogni caso, invito a non perdete mai “il senso di umanità” in tutto ciò che si sceglie di fare, perché è quello che ci contraddistingue in un mondo sempre più investito da guerre spietate e da cattiveria inaudita».

Sara Finamore

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