Vent’anni fa ci lasciava Gegè Di Giacomo, lo storico batterista di Renato Carosone, colui che rappresentava il lato spettacolare e clownistico del sodalizio napoletano, che portò la canzone partenopea sulle vette dalla popolarità, abbinando la lingua dei “quartieri” con le sonorità swing, che sapevano sconfinare con maestria nel rock ‘n’ roll.
Di Giacomo era nato a Napoli il 17 gennaio del 1918, era nipote del poeta Salvatore Di Giacomo e la famiglia gli creò terreno fertile per appassionarsi all’arte, in generale, ma in particolare alla musica, quella delle percussioni, dei ritmi tribali, in epoche in cui esecritarsi con certi suoni veniva preso come una sorta di deviazione del comportamento.
Gegè, che all’anagrafe faceva Gennaro, da bambino iniziò con la grancassa; lo nota il gestore di un cinema, che lo chiama per suonare i sottofondi dei film muti. E’ un mestiere che ti obbliga a tanta attenzione e altrettanta improvvisazione; doti, queste ultime due, che ti consentono di trasformare lo strumento in un prolungamneto del tuo corpo, diventando un tutt’uno con la parte fisica di te, ma anche con la parte mentale e spirituale.
Ed è così che Gegè Di Giacomo, non solo si accorge che la batteria e tutto ciò che le sta addosso rappresentano il gradino per fare della musica il proprio mestiere, ma acquisisce doti e sensibilità artistriche che lo faranno diventare uno dei migliori percussionisti della storia della musica italiana. Anzi: il suo modo di suonare, l’inventiva, la postura, diventeranno una sorta di antologia per le generaizioni successive di battersiti.
Le sue prime orchestre sono quelle di Gino Campese, Nello Segurini, Armando Del Cupola e Gino Conte, poi, nel 1949, ecco che arriva la grande occasione: partecipa al provino per la costituzione del gruppo musicale di Renato Carosone. All’hotel Miramare di via Nazario Sauro, poco dopo che gli americani lo avevano utilizzato come consolato, Gegè si presenta davanti a Carosone e a Peter Van Wood; però si è scordato di portarsi dietro la batteria. Non si perde d’animo e accoglie la proposta dei due cantanti di provare, usando come percussioni uno sgabello e dei bicchieri di differente dimensione. Risultato? Preso!
Così inizia il lungo sodalizio con Renato, che si trasformerà in un’ entità artistica entrata nell’olimpo della musica italiana ed internazionale.
Di Giacomo aveva una sorta di grido di battaglia, “Canta Napoli! Napoli in fiore!”, che gira per i locali di tutto il mondo, facendo conoscere non solo la canzone napoletana, ma anche un nuovo stile artistico, che mescolava le sonorità più moderene che giungevano dagli Usa, con la tradizione mediterranea, senza disdegnare ritmi ora sudamericani, ora orientaleggianti.
E in questo vortice di suoni, contaminazioni, influenze musicali, ecco che Gegè Di Giacomo si trovava a proprio agio come un bambino in mezzo ai giocattoli.
Nel 2001 la morte dell’amico Renato Carosone mette a repentaglio la già fragile salute di Gegè, che non riuscirà più a riprendersi, morendo il 1 aprile 2005, nella sua Napoli.
Fabio Buffa
