Una notizia tanto lieta quanto attesa: giovedì 10 aprile, alle ore 18.30, è in programma la dedicazione della nuova parrocchia di Maria Santissima del Buon Rimedio, in via Don Pino Puglisi, a Scampia, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal cardinale arcivescovo di Napoli Don Mimmo Battaglia. La parrocchia, progettata diversi anni fa, finalmente adesso diverrà il luogo di culto che tanto è mancato nel quartiere, per la gioia dell’intera comunità. Di questo progetto e della giornata di dedicazione ne abbiamo parlato con il parroco e decano dell’Ottavo Decanato, don Alessandro Gargiulo.
Qual è la storia di questa parrocchia e quali sono state le tappe che hanno portato alla posa della prima pietra di questo nuovo edificio?
«La parrocchia di Maria SS. del Buon Rimedio è presente a Scampia dal 1978. Il primo parroco, Don Benito Ricciardiello, già da allora, iniziò a pensare a una nuova chiesa per questa parte del quartiere che comprendeva una zona ampia e popolosa. Nonostante tante promesse e accenni all’inizio dei lavori, la realizzazione di questo progetto slittò per molti anni. Nel 2006, io e Don Luigi Merluzzo fummo chiamati dal cardinale Crescenzio Sepe, da poco Arcivescovo di Napoli, a guidare la comunità e, tra i tanti impegni assunti, c’era quello di disegnare l’itinerario per la realizzazione della nuova chiesa parrocchiale. Si iniziò così chiedendo a tre architetti della zona di presentare un’idea progettuale sull’immagine biblica della “chiesa nave”. Il concorso fu vinto dal giovane architetto Arturo Perucatti, di Scampia, al quale, in secondo momento, si aggiunse l’architetto Ermanno Di Ferrante. I due hanno portato avanti l’opera che ora è realizzata sotto la guida della curia di Napoli. La prima pietra fu posta il 25 ottobre 2009. I lavori, com’è consuetudine, iniziarono alcuni mesi dopo. Alla fine del 2010 rimasi da solo a guida della parrocchia. Molte vicende hanno rallentato e, a volte, bloccato per lunghi periodi i lavori, creando non poche difficoltà che sono state superate grazie all’impegno e alla generosità di tutti gli attori in causa».
Cosa significa per la comunità parrocchiale e per l’intero quartiere la consacrazione di questa parrocchia, dopo tanti anni?
«La dedicazione della nuova chiesa ha un grande significato. Prima di tutto, segna una storia, il cammino di impegno generoso che tanti hanno percorso in questi anni senza mai arrestarsi davanti alla mancanza di spazi per le attività e per raccogliere la comunità, specie i bambini e i giovani. La comunità è cresciuta e si è formata alla missione in una condizione di precarietà che assomiglia a quella del popolo Israele nell’esodo verso la terra promessa. Col tempo, però, il sogno che sembrava sempre più chiaro e prezioso, ha portato alla realizzazione di un oratorio unico nel suo genere e, ora, a completare tutto questo con il luogo della fede, dell’annuncio e della speranza: una casa davvero aperta a tutti per poter essere rifugio e grembo rigenerante per la vita dei fratelli e delle sorelle che vivono qui. È bello pensare che tutto sia stato voluto e realizzato grazie alla Chiesa Italiana che ha destinato a questa zona ingenti risorse senza ritorno materiale per costruire un futuro di speranza per la gente e, soprattutto, per le nuove generazioni del nostro quartiere».
Da quando cominceranno le attività parrocchiali?
«Da subito, è già pronto il programma delle celebrazioni pasquali».
Come si svolgerà la giornata del 10 aprile, giorno della dedicazione della parrocchia?
«Nel pomeriggio del giorno 10, alle 18.15, il cardinale di Napoli Domenico Battaglia, in processione, da quello che da ora sarà chiamato l’Oratorio della Misericordia, si recherà sul sagrato della nuova chiesa; riceverà simbolicamente le chiavi e il progetto dalle mani di coloro che hanno lavorato alla realizzazione e chiederà al parroco di aprire il portone. Alle 18.30, l’ingresso nella chiesa segnerà l’inizio della prima, solenne, liturgia eucaristica nel nuovo tempio. Durante la celebrazione, sarà consacrato il nuovo altare nel quale saranno poste le reliquie di quattro santi napoletani. Alla fine della celebrazione, nell’atrio della nuova chiesa, si scoprirà una lapide commemorativa del giorno che sarà celebrato, in futuro, dalla comunità. All’esterno della chiesa, per coloro che interverranno, ci sarà un momento di festa».
Quali sono le speranze come sacerdote, ma anche le difficoltà che pensa possano essere connesse alla nascita di questo nuovo luogo di culto?
«La speranza è tutta posta nell’iscrizione della lapide commemorativa che quella sera sarà scoperta. Dio ha voluto che un non-popolo diventasse popolo, intorno ai suoi comandamenti, alla sua presenza stabile in mezzo a esso e che, questo popolo, aprisse i suoi confini, con la venuta di Gesù, perché tutti potessero farne parte. Credo che questo sia il suo sogno per ogni comunità di fede, cenacolo di Gesù risorto. La mia speranza è che facciamo nostro il suo sogno e lo perseguiamo con determinazione, edificando sempre più – come dice l’apostolo Pietro – l’edificio spirituale che non smette mai di dover essere costruito, restaurato, ricostruito. La Chiesa è fatta di pietre vive che siamo noi. Nessun timore si affaccia nel cuore, se le difficoltà che si dovranno incontrare sono sul sentiero di questa speranza. È la strada che ci dà coraggio. Se è quella di Cristo, nostra via, l’incedere lungo il cammino dà forza per il superamento di ogni ostacolo».
Sara Finamore
