Dieci anni fa, Napoli fu scossa da una tragedia che segnò profondamente l’intera città: la strage di via Napoli Capodimonte. Il 15 maggio 2015, un infermiere armato, Giulio Murolo, in un momento di furia omicida, spezzò diverse vite innocenti, tra cui quella del capitano della polizia municipale Francesco Bruner e del collega Vincenzo Cinque, che persero la vita mentre cercavano di proteggere i cittadini.
Bruner, 60 anni, che abitava nel palazzo a fianco all’infermiere, avvertiti gli spari, cercò di bloccare la gente che passava per strada, temendo il peggio e fu colpito a morte.
Cinque aveva da poco terminato il turno di servizio e stava ritornando a casa e, nella consapevolezza di una strage in atto, decise di fermarsi, per evitare che altre persone fossero colpite. Murolo colpì anche lui. Il vigile fu subito ricoverato in condizioni gravissime, morirà dopo due mesi di agonia. A Bruner e a Cinque saranno conferite medaglie alla memoria.
Periferiamonews ha incontrato Rosaria Giuliani, vedova del capitano Bruner, che ha trasformato il suo dolore in impegno sociale fondando, insieme alla famiglia Cinque, l’associazione “Oltre la violenza”, che sarà ufficialmente presentata in un’iniziativa presso la sede della Municipalità 7, giovedì 15 maggio. La sua storia è testimonianza di come sia possibile, anche dalle più grandi tragedie, costruire percorsi di speranza e cambiamento nel segno della legalità.
In occasione del decimo anniversario della strage, la vedova Bruner ci racconta il suo percorso culminato nella creazione di un’associazione che si propone di operare attivamente sul territorio per prevenire la violenza e sostenere chi vive situazioni analoghe.
Cosa l’ha spinta a fondare l’Associazione “Oltre la violenza”?
«La necessità e la voglia di andare avanti, nonostante il dolore, oltre la sofferenza. L’associazione nasce dall’elaborazione di questi dieci anni di emozioni, ansie, paure, lacrime e difficoltà, convogliandoli in aiuto per coloro che vivono le nostre stesse tragedie. Troppo frequentemente ci sono atti di violenza e purtroppo anche omicidi nel contesto familiare o per futili motivi. Insieme con la famiglia Cinque, abbiamo voluto fondare questa associazione proprio per tracciare una strada che vada “oltre” il dolore, creando percorsi di prevenzione e formazione contro la violenza, iniziando dal territorio».
Qual è il significato della manifestazione “Dieci anni e… oltre”?
«Per noi familiari delle vittime di quella strage, il 15 maggio sarà un giorno di grande dolore. Ma vorremmo esprimere simbolicamente proprio in quella data tragica che esiste un “oltre” tutto il trascorso. Oltre il dolore, oltre la commemorazione, oltre la violenza. Per questi motivi, il 15 maggio ci sarà un dibattito sul rapporto tra territorio, violenza ed il ruolo delle associazioni di volontariato, invitando esponenti ed esperti di tali argomenti. Interverranno tra gli altri, l’assessore alla Legalità De Jesu, il Comandante della Polizia Locale Esposito ed il Presidente dell’associazione POLIS Don Tonino Palmese, che ci sono sempre stati vicini in questi anni. Ma anche i rappresentanti delle istituzioni del territorio della Settima municipalità e del Consiglio Comunale, delle Scuole del territorio e delle Forze dell’ordine, nonché del mondo delle associazioni di volontariato».
Che ricordo ha del Capitano Bruner come servitore dello Stato?
«Franco è sempre stato una persona molto legata al suo lavoro. Nel suo percorso professionale è stato sempre per strada, su territori “caldi” come il centro storico, dove poi ebbe l’incarico di dirigente, ed in ultimo come ufficiale di supporto su tutto il territorio cittadino, intervenendo e supportando i colleghi nelle difficoltà ordinarie e straordinarie. Quel maledetto 15 maggio era ufficiale reperibile. Si attivò nella catena dei soccorsi subito dopo aver sentito i primi spari, chiamando personalmente ambulanze e personale di supporto con i numeri di emergenza. Ma l’essere sul posto è costata la vita a lui ed al collega Vincenzo Cinque, che mentre tornava a casa da lavoro, si era fermato per aiutarlo nel bloccare il traffico ed i pedoni. Proprio la loro prontezza e disponibilità nel compiere il loro dovere, l’essere giunti prima delle altre forze dell’ordine li ha portati ad essere bersaglio dell’odio e della cieca violenza».
Come hanno supportato le istituzioni le famiglie in questi 10 anni?
«In questi anni siamo stati accolti ed accompagnati dalla grande umanità delle persone che ricoprivano ruoli istituzionali. Ma purtroppo l’umanità e la disponibilità di queste persone erano limitati da quello che è la legge dello Stato, per la quale le vittime della Polizia Locale non hanno lo stesso valore delle altre forze dell’ordine. Solo dopo anni di battaglie legali e con la caparbietà di pochi amministratori, Franco e Enzo sono stati equiparati alle altre forze dell’ordine, ottenendo il riconoscimento di “vittime del dovere”, servitori dello Stato che hanno perso la loro vita nel compiere il loro lavoro. E così mio figlio Claudio e Giovanni Cinque sono stati assunti dal Comune di Napoli come impiegati. Nel 2023, inoltre, dopo 8 anni, mio marito ed Enzo Cinque sono stati insigniti di Medaglia d’Oro al Valore Civile, la massima riconoscenza dello Stato per i suoi servitori».
Come si può trasformare il ricordo in impegno concreto attraverso il coinvolgimento dei giovani?
«Il ricordo è esempio, è storia vissuta sulla pelle, è il trasferire il proprio vissuto e le proprie emozioni agli altri. I giovani hanno bisogno di esempi ed emozioni positive per essere coinvolti in un percorso di cambiamento, di alternativa, che li conduca fuori dalla violenza e dalla impulsività nelle interazioni quotidiane».
Luca Saulino
