Angelo Orefice: “La mia Passione scolpita nella luce”

Venerdi 16 maggio, alle 10:30, presso la biblioteca comunale Guido Dorso di Secondigliano, sarà inaugurata la mostra fotografica “Passione. Due corpi, un solo fuoco” del fotografo Angelo Orefice“, nell’ambito del “Maggio dei Monumenti”, storica rassegna promossa e finanziata dal Comune di Napoli.

Diciotto immagini in bianco e nero che raccontano la passione attraverso il linguaggio del corpo femminile. Le modelle, le attrici Roberta Astuti e Gabriella Vitello, si alternano in una danza silenziosa, dando voce ad una stessa fiamma interiore.

Le fotografie sono accompagnate dai testi della scrittrice Antonia Storace, che aprono lo sguardo ad una riflessione più profonda sul tema della passione e del suo linguaggio non verbale.

La mostra resterà aperta fino al 6 giugno, offrendo al pubblico un’esperienza visiva intensa e riflessiva sulla forza evocativa del corpo e della passione.

Periferiamonews ha incontrato l’autore della mostra, Angelo Orefice,  fotografo e videomaker napoletano, noto per il suo lavoro in vari settori. Tra le sue collaborazioni spicca quella con il cantautore Joe Barbieri. Ha lavorato con artisti come Gigi D’Alessio, Fabrizio Bosso, Tosca e Mario Venuti. Orefice è fotografo certificato Nikon Professional Service (NPS) e socio dell’Associazione Nazionale Fotografi Professionisti Tau Visual. La sua capacità di raccontare storie attraverso l’obiettivo lo ha reso un professionista di riferimento nella fotografia musicale e artistica. Nel 2024, ha pubblicato il libro Partenope, Plurale.

Come nasce l’idea di questa mostra?

“Ho accolto l’invito dell’Assessore alla Cultura della Settima Municipalità Mauro Marotta e di Enrico De Capoa de “Le Nuvole Casa del Contemporaneo”. È nato tutto in modo molto naturale, quasi “per caso”.
Mi hanno proposto di declinare il tema del fuoco, che è l’elemento centrale del Maggio dei Monumenti 2025, attraverso la passione.Ho pensato subito che potesse essere interessante raccontare la passione non per come la si vede fuori, ma per come si sente dentro. Quella che non ha bisogno di essere esibita, che si muove nei gesti piccoli, nei dettagli”.

Qual è stato il processo creativo dietro la collaborazione con Gabriella Vitiello,  Roberta Astuti e Antonia Storace?

“Con Roberta Astuti ho avuto già modo di lavorare per un videoclip musicale (“Il mio miglior nemico” di Joe Barbieri) mentre con Gabriella Vitiello ci conosciamo da anni ma non c’era mai stata occasione per fare qualcosa assieme.  Sono due bravissime attrici e non è un caso che io abbia scelto delle attrici per questo progetto e non delle semplici modelle; volevo qualcuno che potesse dare corpo alle mie idee, interpretandole, recitandole e non semplicemente posando.
Non ho dovuto spiegare troppo: hanno capito subito cosa volessi, e hanno portato ognuna la propria sensibilità.
Gabriella ha un’energia che arriva diretta, Roberta è più interiore, più sospesa.
Abbiamo lavorato in ascolto reciproco. Ripeto, non si trattava solo di “posare”, ma di “sentire”. E quello che è uscito è vero, è vivo. Sono grato a entrambe.
E sono grato infinitamente ad Antonia Storace, scrittrice e giornalista, che ha scritto nove bellissimi testi che accompagnano le 18 foto della mostra, ne amplificano il valore espressivo e aprono lo sguardo a una dimensione più intima e personale”.

Come utilizzi luce e ombra per comunicare emozioni nei tuoi scatti?

“Per me la luce è come una carezza: se è troppa, disturba. Se è giusta, accarezza e lascia immaginare.
In questa mostra la luce arriva solo dove serve, tutto il resto resta nel buio.
Ma l’ombra non è “assenza”: è mistero, è profondità.
La passione ha bisogno di oscurità per brillare, almeno in questo lavoro”.

Qual è il messaggio principale che speri arrivi al pubblico attraverso questa esposizione?

“Spero che chi entra nello spazio della mostra si prenda tempo.
Viviamo in un tempo veloce, in cui tutto ci viene mostrato in faccia. Qui invece c’è l’opposto: tutto è suggerito, tutto è fragile.
Vorrei che si guardasse una foto non per capire “cosa c’è”, ma per sentire “cosa muove”
Che ognuno trovi un frammento in cui riconoscersi.
Non c’è bisogno di spiegare: basta fermarsi, respirare, sentire”.

Quali sono i tuoi progetti futuri nel campo della fotografia?

“Dopo “Partenope, Plurale”, un libro che mi ha dato e mi sta dando ancora tante soddisfazioni e questa mostra, mi piacerebbe continuare ad intrecciare le mie foto con la scrittura o perché no anche con il disegno.
Qualche idea già mi frulla nella testa ma è ancora presto per poterne parlare.
Non voglio solo “scattare foto”, voglio costruire spazi in cui si possa ascoltare qualcosa di vero, anche nel silenzio”.


Luca Saulino

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