L’omicidio di Anna Parlato Grimaldi. Dopo 44 anni è possibile identificare l’assassino tramite il Dna? Risponde la Dott.ssa Teresa Accetta, Genetista forense e Biologa forense

La baronessa, imprenditrice e giornalista pubblicista Anna Parlato Grimaldi (45 anni) viene uccisa la sera di martedì 31 marzo 1981, alle ore 20.30-20:35, nel cortile della proprietà privata della sua famiglia (via Francesco Petrarca 133-135, quartiere Posillipo).

Armato di una pistola semiautomatica Browning Baby calibro 6,35 millimetri l’assassino – probabilmente dopo una breve discussione con la vittima (al momento della scoperta del cadavere la Fiat Panda chiara della baronessa viene trovata con lo sportello anteriore sinistro aperto ma con il motore spento) – esplode cinque colpi (calibro 6,35 millimetri marca Winchester Western): Anna Parlato Grimaldi viene raggiunta all’addome, alla coscia sinistra (dopo la fuoriuscita del colpo dalla coscia destra), in regione retro mandibolare. Due cartucce finiscono a vuoto (una impatta contro la parte interna del cancello d’ingresso della proprietà privata), un proiettile fa inceppare la piccola pistola e si perde sul viottolo d’ingresso del cortile quando lo sparatore è costretto a “scarrellare” l’arma.

Sulla scena del crimine restano 5 bossoli (privi dell’impronta dell’espulsore – caratteristica di classe della pistola in possesso dell’aggressore) e un proiettile inesploso.

Nello studio della imprenditrice uccisa, in via Alessandro Manzoni 92 a Napoli, la squadra Mobile rinviene (dopo la scoperta dell’omicidio) due mozziconi di sigaretta “Muratti” in un posacenere (la vittima non fumava, il suo ultimo amante Ciro Paglia adoperava sigarette “Multifilter”) e un “Toscanello” in un portaombrelli.

Proprio nello studio di via Manzoni 92 la baronessa incontra qualcuno la mattina del 29 marzo 1981 (due giorni prima d’essere uccisa) e poi scrive in una agenda (sotto quella stessa data): “CIM. Se m’………”.

Anna ha un confronto con il suo assassino in via Manzoni 92? E’ quest’ultimo a fumare le due sigarette “Muratti” o il “Toscanello” poi trovati dagli inquirenti?

Ne parliamo con la Dott.ssa Teresa Accetta, Genetista forense e Biologa forense.

-Dott.ssa Accetta, la sera dell’omicidio c’era maltempo a Napoli e sulla città cadde la pioggia proprio in contemporanea al compimento del fatale agguato. Questo elemento creò un danno per la scena del crimine? Le tracce dell’aggressore e le sue impronte furono cancellate?

L’acqua, in particolare la pioggia, può rappresentare un serio ostacolo per la conservazione delle tracce di DNA. ll materiale genetico, infatti, rischia di essere diluito o addirittura lavato via. Tuttavia, questo non significa che ogni traccia venga irrimediabilmente compromessa. In alcune situazioni, ad esempio quando la traccia è parzialmente protetta da un oggetto o dal corpo stesso della vittima, oppure se le precipitazioni sono state brevi o leggere, è ancora possibile recuperare residui utili. Le tecniche forensi attuali sono così avanzate da riuscire a isolare e analizzare persino minuscole quantità di DNA. Ciò permette agli esperti di lavorare su prove che fino a pochi anni fa sarebbero state considerate inutilizzabili.

-Una volta scoperto il delitto la domestica tunisina dei Grimaldi (Jamina Neyri) avvisò subito i figli maschi della nobildonna assassinata (Giovanni e Giuseppe, presenti in casa in quel momento). Questi caricarono il corpo della loro mamma nella Fiat Panda che la stessa vittima aveva adoperato per rincasare e la trasportarono con urgenza al vicino ospedale Fatebenefratelli nella speranza di salvarle la vita. In questo modo è stata alterata e modificata la scena del crimine inconsapevolmente favorendo l’assassino?

In questi momenti concitati, nessuno pensa alla possibilità di contaminare le prove…è un gesto umano, istintivo. Tuttavia, il risultato può essere la distruzione o l’alterazione di tracce preziose, come impronte, residui biologici o altri indizi lasciati dall’assassino. Inconsapevolmente, si finisce così per favorire proprio chi ha commesso il crimine, rendendo più difficile il lavoro degli investigatori.

-Sulla base dei dati di questa vicenda che Lei ha potuto conoscere-esaminare-studiare quali sono i reperti d’interesse per una eventuale, nuova indagine scientifica?

In un caso ancora irrisolto, ogni singolo elemento raccolto sulla scena del crimine può rivelarsi importante. È fondamentale analizzare tutto ciò che è stato repertato all’epoca, senza escludere nulla a priori. Anche il più piccolo dettaglio, che magari in passato era stato considerato marginale o irrilevante, oggi potrebbe assumere un significato diverso grazie all’evoluzione delle tecniche investigative. La chiave per risolvere un cold case, spesso, si nasconde proprio in ciò che era sotto gli occhi di tutti ma non era ancora interpretabile con gli strumenti del tempo.

-A quali livelli sono arrivati, oggi, i progressi raggiunti nel campo delle indagini scientifiche? In particolar modo per quanto riguarda la ricerca, l’individuazione, l’identificazione del Dna.

Oggi l’analisi del DNA ha raggiunto livelli altissimi. Possiamo isolare profili genetici anche da tracce piccolissime o molto degradate, anche dopo anni. Le tecnologie attuali permettono di lavorare su reperti antichi, di identificare persone attraverso parenti e persino di ottenere indicazioni sull’aspetto fisico o l’origine geografica. Questi progressi hanno rivoluzionato le indagini, riaprendo casi irrisolti.

-Cosa rende il Dna unico per ciascun individuo?

Ogni persona, tranne i gemelli monozigoti, possiede un profilo genetico unico. Questo dipende dalla combinazione di migliaia di varianti ereditate in modo casuale dai genitori. Le aree del DNA analizzate in ambito forense sono altamente variabili da individuo a individuo, e proprio per questo permettono un’identificazione precisa.

-Per quanto riguarda la conservazione dei reperti quali fattori causano il danneggiamento-l’inquinamento delle tracce biologiche presenti sugli stessi?

Le tracce biologiche possono deteriorarsi per effetto di umidità, calore, luce solare diretta, agenti chimici, microrganismi, contatto con altre persone o superfici non protette. Tutto ciò può provocare contaminazione. Per questo è fondamentale che i reperti siano raccolti, conservati e sigillati correttamente.

-In che modo è possibile scoprire se i reperti del delitto Grimaldi sono conservati oppure no presso l’archivio corpi di reato del Tribunale di Napoli?

Per verificarlo è necessario un accesso formale tramite un legale incaricato che può presentare richiesta agli uffici competenti del Tribunale di Napoli.

-Le tecniche moderne ed illimitate oggi esistenti consentono di arrivare al profilo dell’aggressore anche a fronte di uno stato di conservazione non eccellente-non ottimale dei reperti custoditi?

Sì. Ovviamente, la qualità del materiale influisce sulla completezza del profilo genetico, ma in molti casi è comunque possibile risalire a un’identità o almeno a profili parziali utili.

-Ci può illustrare in sintesi la procedura che viene eseguita in laboratorio dagli scienziati forensi che operano per la Polizia di Stato e per l’Arma dei Carabinieri quando ricevono dal magistrato l’incarico di esaminare oggetti ed indumenti per pervenire a tracce genetiche utili?

Una volta ricevuti i reperti, gli incaricati operano in ambienti sterili per evitare contaminazioni. Si isolano le eventuali tracce biologiche, si estraggono le molecole di DNA e si analizzano le sequenze genetiche. I profili ottenuti vengono poi confrontati con eventuali campioni di riferimento.

-Tra i reperti del delitto Grimaldi considera particolarmente importante il proiettile inesploso perso dall’assassino sulla scena del crimine?

È un reperto molto importante perché può aver conservato tracce di DNA dell’assassino, soprattutto se è stato maneggiato direttamente a mani nude.

-Quali sono gli elementi che impediscono la scomparsa del Dna dello sparatore su un proiettile inesploso?

Il DNA può sopravvivere se la traccia biologica si è seccata e non è stata esposta a condizioni ambientali troppo aggressive. La mancata manipolazione successiva e una corretta conservazione aiutano a preservarlo.

-Quindi il proiettile inesploso è potenzialmente in grado di condurre alla identità dell’assassino anche dopo 44 anni?

Se il DNA è rimasto intatto o parzialmente leggibile, le tecniche attuali potrebbero ancora ricavarne un profilo genetico utile, anche a distanza di così tanto tempo.

-In caso di nuova indagine scientifica e di esito positivo della stessa sicuramente la Scientifica acquisirà (dal proiettile inesploso e/o dai mozziconi di sigaretta) un profilo “Ignoto” o più profili “Ignoti”. Successivamente andrà-andranno comparato-comparati con tutti i soggetti, maschili e femminili, che facevano notoriamente parte della vita privata e professionale di Anna Parlato Grimaldi. Se l’assassino è deceduto nel frattempo e se frequentava la vittima “di nascosto” sarà comunque possibile, ricorrendo al Dna, scovarlo senza difficoltà?

Esatto. Anche se l’assassino non fosse più in vita, è possibile identificarlo tramite i parenti biologici. Un profilo “ignoto” può essere confrontato con quello di familiari e non, anche inconsapevoli, e risalire così all’identità attraverso l’analisi genealogica del DNA.

-Da scienziata e’ fiduciosa sulla riapertura dell’indagine e sulla possibilità di pervenire almeno alla verità in relazione al movente del delitto di Anna Parlato Grimaldi?

Come scienziata, credo fermamente nel potenziale delle tecnologie attuali. Se i reperti sono ancora disponibili, una nuova indagine scientifica ben condotta potrebbe fare luce sul delitto e magari restituire una verità che per troppo tempo è rimasta sepolta. Non è mai troppo tardi per cercare giustizia.

Daniele Spisso

Lascia un commento