Il 2 luglio del 1983, poco dopo le ore 19:00, le piccole Nunzia Munizzi e Barbara Sellini (rispettivamente 10 e 7 anni) salgono a bordo di una Fiat 500 di colore blu scuro – guidata da un maggiorenne che entrambe conoscono bene – per partecipare ad un “pic-nic” (le due bimbe hanno in mano una busta con delle merendine dentro) che è stato organizzato sin dalla sera prima. Il guidatore misterioso le ha attese – d’accordo con loro – davanti la pizzeria “la Siesta”, al confine tra Volla e Ponticelli (Napoli). Con Nunzia e Barbara doveva partecipare anche una loro comune amica, Silvana Sasso (10 anni) ma all’ultimo momento la nonna le ha impedito di muoversi dall’abitazione.
L’individuo (soprannominato dalla Sellini “Tarzan tutte lentiggini”: come un personaggio del cartone animato “Candy Candy”) a bordo della Fiat 500 blu è un giovane con il quale Nunzia sta giocando “al fidanzamento” per sentirsi più grande della sua età. Alle due bimbe lui ha detto di chiamarsi Gino. Barbara (da tutti chiamata affettuosamente Barbarella per la tenera età) ha accompagnato Nunzia perché sono inseparabili amiche e perché si vogliono molto bene. In realtà sono precipitate nella trappola di un pericoloso predatore: un pedofilo affetto da sadismo sessuale.
Nunzia e Barbara vengono portate in un luogo per lui sicuro (non sarà mai scoperto. Probabilmente è in un’area compresa tra Volla e Cercola). Colpite in testa con dei pugni, sottoposte ad atroci sevizie sul corpo attraverso l’impiego di un coltello a serramanico (l’azione è stata freddamente premeditata e organizzata). 19 tagli su Nunzia, 13 su Barbara. La piccola Munizzi subìsce una violenza carnale. Alla fine vengono uccise: un colpo al cuore per Nunzia, uno alla gola per Barbara.
L’assassino attende qualche ora: intorno alle 22:30 della stessa sera prende i due cadaveri, li carica in auto e li porta fino al canalone in secca del Pollena (periferia di Cercola, oggi Via al chiaro di Luna). Getta Nunzia e Barbara tra le sterpaglie e la spazzatura, con del liquido infiammabile brucia le piccole. Quasi certamente per cancellare le prove di una violenza sessuale: teme, se scoperto, di finire nelle mani dei clan locali della criminalità organizzata e teme di essere “giustiziato” per ordine di qualche boss che controlla la zona (ha un parente o un familiare affiliato alla Camorra?).
L’orrendo duplice delitto viene scoperto il giorno dopo alle ore 12:00.
Per questo mostruoso crimine hanno pagato, per 27 anni, tre innocenti ingiustamente ritenuti colpevoli e condannati in via definitiva: gli incensurati Ciro Imperante, Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca. Le loro richieste di revisione processuale (ottobre 1989, agosto 1999, maggio 2013) sono state tutte respinte, purtroppo.
Sulla base delle testimonianze (fondate) acquisite nel corso delle indagini preliminari e approfondite nell’arco di questi 42 anni ci sono almeno 4 sospettati che potrebbero essere stati coinvolti nell’assassinio di Nunzia e Barbara: Enrico Corrado (trentenne all’epoca dei fatti, pedofilo alcolizzato possessore di una Fiat 500 blu scuro, portata in rottamazione dopo i primi interrogatori. Noto a Volla come Luigi, definito Maciste dagli amici. Nel frattempo deceduto. Il suo alibi fu smentito dalla moglie, nel pomeriggio del 2 luglio 1983 si recò da solo e con la sua auto a Ponticelli, raccontò agli inquirenti di aver appreso del crimine dai giornali e citò una fotografia che mostrava l’esatta posizione dei cadaveri. Era semi analfabeta e nessun quotidiano pubblicò le immagini dei poveri corpi straziati); Luigi Anzovino (un adolescente con brutti precedenti penali, nel frattempo deceduto: fu accusato d’aver usato violenza ad un minorenne e cercò di uccidere la sorella con un coltello a serramanico dopo un tentativo di violenza carnale); Vincenzo Esposito (un ventenne che frequentava il rione Incis di Ponticelli. Dichiarò – mentendo – di non esserci più andato dal dicembre 1982. Fu visto parlare con le vittime 24 ore prima del delitto, adoperava una Fiat 500 blu scuro di proprietà del fratello Luigi, conosceva molto bene il posto sul quale i due cadaveri vennero scaricati e bruciati, gettò dei sospetti su Imperante-Schiavo-La Rocca depistando le indagini, fornì un falso alibi per la sera del duplice omicidio. Recentemente è stato accusato da una testimone di adescamento nel 1982: fece salire a bordo di una Fiat 500 di colore scuro una bambina di s. Giorgio a Cremano per condurla, animato da cattive intenzioni, in direzione di Ponticelli); un ragazzo mai individuato fino ad oggi e mai sfiorato dagli interrogatori di 42 anni fa condotti dalla Polizia e dai Carabinieri (Silvana Sasso, ascoltata dagli inquirenti il 5 luglio 1983, descrisse “Gino/Tarzan” in modo estremamente preciso: sui 20 anni – alto – robusto – baffetti – viso lentigginoso – capelli biondi e lisci pettinati all’indietro. Possessore di una Fiat 500 di colore verde scuro).
Vincenzo Esposito è attualmente sotto indagine da parte della Procura della Repubblica di Napoli.
Dopo tutto il tempo trascorso non è semplice inchiodare il colpevole ma non può fermarsi la battaglia per la verità e per la giustizia.
Da cittadino e da cronista resto al fianco di Ciro Imperante, Luigi Schiavo e Giuseppe La Rocca; come cittadino e come cronista non troverò pace fino a quando non sarà riconosciuta la loro innocenza. A questa vicenda e alla loro causa ho dedicato 4 articoli e due trasmissioni di approfondimento. Nel 2014 sono intervenuto ad un dibattito pubblico a Napoli proprio su questa terribile storia.
Chiunque continuerà a mettere il proprio lavoro (dentro e fuori il Tribunale) al servizio della loro difesa troverà in me sempre un leale alleato.
Nel mio cuore porto ogni giorno il ricordo di Nunzia e Barbara: proprio recentemente ho chiesto, a chi di competenza, maggiori informazioni sulla lodevole iniziativa di dedicare una piazzetta di Ponticelli alla memoria delle due giovanissime vittime. Purtroppo non ho ottenuto risposta.
Quel giorno vorrei esserci anch’io per poter, con grande emozione, stringere la mano a Ciro, Luigi e Giuseppe.
Daniele Spisso
