Le indagini sul massacro di Ponticelli, le sentenze di condanna a carico di Ciro Imperante-Luigi Schiavo-Giuseppe La Rocca, le sentenze emesse contro le tre richieste di revisione processuale della difesa sono una vergogna di Stato

Ci sono almeno 13 motivi per i quali possiamo e dobbiamo ribadire con forza – ancora a distanza di 42 anni dallo svolgimento dei fatti – che le indagini sul delitto Nunzia Munizzi/Barbara Sellini (10 e 7 anni rispettivamente, 2 luglio 1983), le condanne inflitte a Ciro Imperante / Luigi Schiavo / Giuseppe La Rocca (1986-1987), le sentenze emesse contro le loro tre richieste di revisione processuale (1989, 1999, 2013) rappresentano una vergogna di Stato.

1-Non tutti i reperti della scena del crimine furono acquisiti da chi di dovere.

2-Non vi fu alcun coordinamento, nelle indagini, tra la Polizia di Stato e l’Arma dei Carabinieri (senza contare l’avvicendarsi di più Giudici istruttori nell’arco di due mesi e le piste diverse battute dai due organi di Polizia giudiziaria).

3-Furono completamente ignorati i dati di fatto emersi nel 1983 sul duplice delitto delle due bimbe, sulla ricostruzione della sera dell’omicidio, sulla conoscenza tra le bimbe e l’assassino, sulla descrizione fisica del pedofilo sadico che le aveva attirate in una trappola uccidendole: ognuno di questi elementi non conduceva a Ciro Imperante, Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca.

4-Furono ignorate le testimonianze dell’anno 1983 che dimostravano come l’assassino aveva agìto in due momenti separati: compie il suo crimine dopo le 19 ma brucia i poveri corpi straziati delle bimbe intorno alle 22:30.

5-I minorenni residenti allòra nel rione Incis di Ponticelli (inclusi i conoscenti, le amiche, gli amici delle due vittime) furono interrogati senza le dovute garanzie e più volte al giorno dalla Polizia-dai Carabinieri (separatamente).

6-Durante gli interrogatori furono inflitte – dagli operatori di Polizia giudiziaria – delle torture fisiche ad Imperante, Schiavo, La Rocca (comprovate dalle immagini di repertorio dei notiziari televisivi e dai referti medici).

7-Vi sono state intimidazioni e minacce – da parte degli operatori di Polizia giudiziaria – nei confronti di tutti coloro che confermavano gli alibi di Imperante, Schiavo, La Rocca (alcuni testimoni a favore che non si lasciarono intimidire furono spediti a Poggioreale).

8-Nella caserma Pastrengo dei Carabinieri di Napoli fu consentito ad un camorrista di Ponticelli affiliato all’organizzazione criminale del boss Raffaele Cutolo (Mario Incarnato) di avvicinare il testimone Carmine Mastrillo e di strumentalizzarlo per spingerlo a fabbricare una falsa versione dei fatti (sul delitto) contro Imperante, Schiavo, La Rocca. Fu consentita una aggressione fisica da parte dell’Incarnato contro Luigi Schiavo nel momento in cui Schiavo si era rifiutato di accusarsi del duplice omicidio chiamando in causa i suoi amici Imperante e La Rocca.

9-L’accusa fu confezionata ad arte manipolando Carmine Mastrillo e facendolo diventare un testimone (non oculare e indiretto dei fatti). Le sue dichiarazioni a carico di Imperante, Schiavo, La Rocca erano piene di palesi bugie, di palesi menzogne, di inverosimiglianze logiche più che evidenti (bastava prendere in considerazione le dichiarazioni – ignorate – dei tenutari del fondo Busiello, sito tra Volla e Cercola, per ritenere fasulle già in partenza le affermazioni del Mastrillo).

10-In Tribunale, durante il processo di primo grado, il Pubblico Ministero minacciò il teste Carmine Mastrillo nel momento in cui il ragazzo ritrattò le sue accuse sostenendo che Imperante, Schiavo, La Rocca erano innocenti. Tale minaccia ebbe come risultato la ritrattazione della ritrattazione e dunque la conferma delle false accuse contro gli imputati.

11-I reperti acquisiti nel 1983 furono distrutti, senza avvisare prima gli avvocati difensori di Imperante-Schiavo-La Rocca, dopo la sentenza definitiva di condanna emessa dalla Corte di Cassazione.

12-I giudici di Roma chiamati ad esprimersi sulla terza richiesta di revisione processuale (2013) hanno ignorato i 35 testimoni a favore dei condannati portati all’attenzione della Corte d’Appello dagli allòra legali di Imperante-Schiavo-La Rocca (Eraldo e Francesco Stefani, Ferdinando Imposimato).

13-I giudici di Roma chiamati ad esprimersi sulla terza richiesta di revisione processuale (2013) hanno ignorato i risultati di una indagine scientifica di natura chimica – richiesta dagli avvocati difensori di Imperante, Schiavo, La Rocca – condotta da un esperto (in una cava nei pressi di L’Aquila, Abruzzo) sulla carcassa di un maiale.

Dinanzi a questo inimmaginabile elenco di errori/orrori (quasi tutti dolosi), di ingiustizie che portano la firma delle istituzioni dello Stato come si può accettare anche solo l’idea di arrendersi. E’ impossibile.

Al netto della nuova indagine avviata nel 2024 dalla Procura della Repubblica di Napoli sull’assassinio delle piccole Nunzia e Barbara (tutto fa pensare che al centro di questa inchiesta bis vi è l’ex sospettato del 1983 Vincenzo Esposito) e assodato che (al momento) la nuova Commissione parlamentare antimafia non dimostra alcuna volontà nel riprendere i lavori su questa indagine, ci sarà una quarta richiesta di revisione processuale per Ciro, Luigi e Giuseppe? Voglio sperare di si.

In tal caso sarebbe utile allegare alla stessa il libro – edito nel 2024 – “Mostri di Ponticelli o vittime di un errore giudiziario?”, scritto da Giulio Golia e Francesca Di Stefano con la prefazione curata da Roberto Saviano. Perché si basa su una inchiesta televisiva che è stata di eccellente qualità sulla ricostruzione approfondita di questa bruttissima vicenda.

Ci troviamo dinanzi ad un vaso di Pandora: scoperchiarlo significa tirare fuori tutto il marciume che ha investito – insieme – la Polizia giudiziaria, la magistratura, la Camorra.

E’ una storia che va ben al di là di un caso di cronaca locale. Va ben al di là di un crimine mostruoso per il quale il vero colpevole (vivo o morto nel frattempo) non ha pagato.

Daniele Spisso

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