A metà del 1800, Secondigliano custodiva un tesoro naturale di inestimabile valore: una sorgente di acqua pura che sgorgava da un pozzo profondo quasi 100 metri, collocato nell’area retrostante quello che oggi è il santuario diocesano dell’Addolorata. Questa risorsa vitale era accessibile alla comunità grazie all’opera di un laico che, con l’approvazione di Padre Gaetano Errico, aiutava gli abitanti ad attingere l’acqua, rinomata per la sua qualità eccezionale, descritta come “buona e leggerissima”.
La storia dell’approvvigionamento idrico di Secondigliano conobbe una svolta significativa nel 1885, quando l’amministrazione comunale stipulò un contratto con la società che gestiva l’acquedotto del Serino. Questo accordo rappresentò un importante passo avanti per la comunità, garantendo un’erogazione idrica regolare e diffusa.
In questo contesto, emerge un gesto di particolare generosità: il Comune decise di esonerare i Missionari dei Sacri Cuori dal pagamento del canone per il consumo dell’acqua. Un privilegio che testimonia il legame profondo tra le istituzioni civili e religiose del territorio, unito al riconoscimento dell’importante ruolo sociale svolto dalla congregazione.
Questo beneficio proseguì per oltre quattro decenni, fino al 1926, anno cruciale nella storia amministrativa locale: Secondigliano perse la sua autonomia comunale, venendo annessa alla città di Napoli. Con questo passaggio amministrativo, anche la concessione gratuita dell’acqua ai Missionari giunse al termine.
Questa vicenda, apparentemente minore nella grande narrazione storica, racchiude in realtà valori e insegnamenti che mantengono intatta la loro attualità: l’importanza della solidarietà, la gestione condivisa delle risorse naturali e l’attenzione al bene comune. Un patrimonio di principi che, come l’acqua pura del pozzo di Secondigliano, continua a nutrire la memoria e l’identità della comunità locale.
