Dopo anni di degrado, proteste e interventi falliti, scompare definitivamente il fossato del Castello del Carmine, ai piedi delle Torri Aragonesi di via Nuova Marina. Al posto dei rifiuti e delle colonie di topi che per decenni hanno infestato l’area, arriveranno brecciame e asfalto.
La decisione, presa dal Demanio e sostenuta dal Comune, mette la parola fine a uno dei luoghi più simbolici della Napoli aragonese, trasformato ormai da tempo in discarica a cielo aperto. Una scelta drastica, che risolve (almeno sul piano igienico e della sicurezza) un’emergenza cronica ma al prezzo della cancellazione dell’assetto originario del fossato.
Negli anni non erano mancati tentativi di recupero, tutti rivelatisi inefficaci: dalle reti metalliche installate per bloccare lo sversamento dei rifiuti, poi smontate, fino a interventi di bonifica costati alle casse pubbliche quasi 100mila euro senza risultati concreti.
A denunciare con costanza il degrado e l’abbandono è stato l’attivista territoriale Alfredo Di Domenico, che per anni ha documentato e segnalato alle istituzioni lo stato disastroso del fossato:
«Abbiamo combattuto a lungo perché quest’area non diventasse simbolo di degrado. Purtroppo, invece di investire in un vero recupero storico e culturale, si è scelto di tombare tutto. È una sconfitta per la memoria della città, ma allo stesso tempo il risultato di anni di indifferenza e di mancate risposte».
Di Domenico sottolinea come, pur comprendendo la necessità di garantire igiene e sicurezza, si sia persa un’occasione storica di restituire alla città un pezzo della sua identità:
«Le Torri Aragonesi non sono un rudere qualsiasi, ma un simbolo della Napoli aragonese. Spegnere la loro memoria con uno strato di asfalto significa rinunciare alla nostra storia».
Il fossato, ormai condannato all’asfalto, diventa così emblema delle difficoltà di Napoli nel coniugare tutela del patrimonio e necessità di gestione del territorio.
