Le strade di Secondigliano custodiscono ancora oggi tracce di una storia secolare fatta di devozione, rendite ecclesiastiche e antichi casali. Documenti d’archivio testimoniano come l’attuale via Dante, che collega corso Secondigliano a via dell’Arco, abbracci in realtà due antiche denominazioni: Fosso del Lupo e Ficuccella.
Il “Fosso del Lupo” ricorre in diversi atti e visite pastorali tra XVII e XIX secolo, dove viene ricordato come luogo agricolo di proprietà della parrocchia, con appezzamenti di terreno destinati a garantire rendite al clero e, in alcuni casi, a finanziare i maritaggi delle giovani povere del quartiere. In una relazione del 1679, l’agrimensore Domenico Volpicella ne descrive i confini, menzionando proprio la “via pubblica detta Fosso del Lupo”.
Altre fonti riportano l’esistenza di ben 26 moggia di territorio amministrate dal Pio Monte della Misericordia e da governatori locali. Quei terreni, situati tra le attuali zone di San Martino e Santa Maria degli Angeli, erano conosciuti come “Masseria delle Colonne” e fungevano da patrimonio economico per opere di beneficenza.
Con il tempo, la crescita urbanistica e le trasformazioni del borgo portarono alla fusione di queste strade nell’attuale via Dante. Qui, accanto a vicoli e vicoletto dei Tribunali, si trovava anche la casa parrocchiale di don Michelangelo Vitagliano, parroco deceduto nel 1858.
Oggi via Dante è una delle arterie centrali di Secondigliano, ma i documenti d’archivio ricordano come sotto l’asfalto moderno vi sia un intreccio di memorie: campi, vinelle e antiche rendite che hanno contribuito a scrivere la storia sociale ed economica del quartiere.
