Secondigliano, 20 ottobre 1867 – In un’epoca in cui le epidemie e le condizioni igieniche erano tra le principali sfide delle comunità urbane, il Consiglio comunale di Secondigliano approvava un articolato regolamento per garantire la salubrità delle abitazioni e dei luoghi abitati. Un documento che oggi, a distanza di oltre un secolo e mezzo, racconta non solo la storia della sanità pubblica ma anche la quotidianità della vita nei paesi del Regno d’Italia postunitario.
Il regolamento, firmato dal sindaco Antonio Toscano e dal segretario comunale Raffaele d’Ambrosio, stabiliva norme rigorose: le nuove case dovevano rispettare precise condizioni di ventilazione, scarico e smaltimento dei rifiuti; le stalle e i pozzi neri non potevano essere collocati a ridosso delle abitazioni; gli scarichi delle acque sporche non dovevano contaminare strade e condutture. Un’attenzione particolare era rivolta ai fumi e alle esalazioni: i camini dovevano essere costruiti in modo da disperdere correttamente il fumo, mentre era severamente vietato gettare nelle strade residui organici o acque stagnanti.
La normativa entrava anche nei dettagli della vita domestica e rurale: si regolavano i rapporti con gli animali da cortile, si fissavano regole per la pulizia dei magazzini e persino per il trasporto dei materiali organici, da effettuare solo in orari stabiliti e in condizioni che non mettessero a rischio la salute pubblica.
Il regolamento del 1867 rappresenta un tassello fondamentale della memoria storica di Secondigliano. Non solo testimonia l’impegno delle autorità locali nell’affrontare le problematiche igienico-sanitarie del tempo, ma mostra anche come le comunità periferiche fossero protagoniste, insieme alle grandi città, nella costruzione di una moderna coscienza civica.
Oggi quelle norme appaiono severe, a tratti curiose, ma costituiscono la base di quel percorso che ha portato all’attuale sistema di igiene urbana e sanitaria, ricordandoci come la tutela della salute collettiva sia sempre stata una priorità imprescindibile.
