Miano è un quartiere che racconta, nel suo tessuto urbano e sociale, l’evoluzione complessa della periferia napoletana. Da antico casale di origine rurale, documentato sin dal Medioevo con una popolazione modesta e legata alle attività agricole, ha conosciuto nei secoli una crescita lenta, scandita dall’aumento demografico e dalla progressiva integrazione nel sistema dei casali di Napoli. Già nel Settecento Miano era censito tra i borghi di una città che si espandeva oltre le mura, assumendo un ruolo sempre più connesso alla metropoli.
Il Novecento segna una svolta decisiva: il quartiere perde progressivamente la sua vocazione agricola per diventare periferia urbana. A partire dagli anni Quaranta e Cinquanta, con l’edilizia popolare di iniziativa pubblica e i complessi Ina-Casa, Miano si trasforma in un mosaico di insediamenti diversi, spesso disomogenei e privi di un piano organico. L’inserimento di poli produttivi come la birreria Peroni o il complesso sanitario di Villa Russo, poli poi dismessi, accentua ulteriormente la contraddizione tra residenze, attività industriali e carenza di servizi.
Dal punto di vista sociale, le indagini condotte negli anni Sessanta e Settanta evidenziano squilibri e fragilità: alto tasso di disoccupazione, scarsa organizzazione della vita associativa, perdita del carattere rurale senza un adeguato sviluppo urbano. L’incremento demografico – con oltre 14mila abitanti in più tra il 1961 e il 1971 – ha reso evidente la mancanza di spazi, servizi e infrastrutture, aggravando la condizione di marginalità.
Oggi Miano porta ancora i segni di questa storia complessa. La sua identità resta sospesa tra il ricordo del casale agricolo e la realtà di una periferia cresciuta senza un disegno unitario.
