A Secondigliano, dove il confine tra realtà e leggenda si dissolve tra i vicoli e le memorie popolari, torna a riecheggiare una delle storie più affascinanti tramandate di generazione in generazione: quella di Francesca Miti, l’anziana donna che negli anni ’40 gestiva con amore un piccolo bar in piazza Capodichino.
Secondo il racconto popolare, una sera qualunque, mentre si preparava la cena, Francesca avvertì una strana presenza alle sue spalle, come se qualcuno la stesse osservando. Tornata nella sua cucina, aprì la credenza e, nel momento in cui prese una pentola, vide comparire una misteriosa scia luminosa.
Il giorno seguente tutto sembrava tornato alla normalità, finché, al calar della sera, accadde qualcosa di incredibile. Francesca, intenta a lavare le stoviglie, scorse all’interno di una pentola una piccola figura incappucciata, che inizialmente scambiò per un topo. Ma presto si rese conto che non era un animale: era ‘O Munaciello, il leggendario spirito benevolo e dispettoso della tradizione napoletana, spesso considerato simbolo di mistero e fortuna.
Lungi dallo spaventarsi, la donna cercò di catturarlo, riponendolo in un vaso e coprendolo con una piantina verde. Ma la calma durò poco: la piantina si sollevò da sola, e il Munaciello, con un balzo improvviso, svanì nel nulla, lasciandola stupefatta e intimorita.
Negli anni seguenti, dopo la morte del marito, Francesca raccontò spesso che non si era mai sentita davvero sola. Sentiva una presenza benevola accanto a sé, come se il piccolo spirito continuasse a vegliarla. E ogni 10 del mese, sosteneva di ricevere una somma di denaro misteriosa, forse un dono dello stesso Munaciello, da sempre noto per la sua ambigua capacità di portare ricchezza o sventura.
Così, tra fede, superstizione e malinconia, la storia di Francesca Miti continua a vivere nella memoria popolare di Secondigliano, come una di quelle leggende che uniscono la paura al fascino dell’ignoto, custodendo nel silenzio delle case partenopee il segreto di chi, un giorno, giurò di aver visto davvero ‘O Munaciello nella pentola.
