-Professoressa Volpini spieghi ai nostri lettori cosa è la Psicologia giuridica e quanta importanza occupa nel settore giustizia.
La Psicologia giuridica è un settore della Psicologia sociale che studia il rapporto tra il soggetto, il comportamento, le norme e la trasgressione alle norme. Ha una vasta applicazione in ambito giudiziario e forense. Lo psicologo giuridico può collaborare sia con ii PM che con la parte legale (dell’imputato o della vittima) in fase di indagini preliminari. In particolare, si occupa dell’ascolto giudiziario del minore (attività prevista per legge in cui viene inserita la figura dello Psicologo) e della valutazione della sua capacità di testimoniare. Questa disciplina ci consente di svolgere numerose attività, quali ad esempio, l’analisi del profilo psicologico della vittima, o la valutazione dell’accuratezza della testimonianza della presunta vittima, dei testimoni, delle persone informate sui fatti o dell’imputato.
La “testa” della Psicologia giuridica riguarda la spiegazione del crimine, le “lenti” che si utilizzando per analizzare un’azione violenta; si tratta della psicologia criminale. Un ambito collegato a questo è quello della valutazione della capacità di intendere e di volere del reo al momento del fatto e della valutazione della pericolosità sociale e del rischio di recidiva. La Psicologia giuridica si occupa anche del settore civilistico del Diritto di famiglia, in particolare nelle CTU per i contenziosi dei minori nelle separazioni giudiziarie. Si analizzano in questi casi, le capacità genitoriali, i livelli di rischio e pregiudizio del minore. C’è poi una parte relativa alla valutazione del danno psichico ed esistenziale, quando ci sono dei fatti ingiusti ( violenza sessuale, incidente stradale, malpractices sanitarie ecc, valutandone anche il nesso eziologico). Una vasta attività riguarda poi la prevenzione: dei comportamenti a rischio, del disagio e della devianza.
-Ci può riassumere brevemente i suoi studi e la sua carriera?
Ho sviluppato la passione per la Psicologia a 14 anni leggendo i classici di Freud e di Fromm, come “L’interpretazione dei sogni”, “Avere o Essere” o “L’arte di amare”. Dopo il liceo, mi sono iscritta a Psicologia e durante il corso di studi ho incontrato colui che sarà poi il mio maestro; il Prof. Gaetano De Leo. Attraverso i suoi insegnamenti ho sviluppato una grande passione per la Psicologia giuridica e la Criminologia. Ho svolto un Erasmus in Criminologia, studiando in varie città europee. Durante il corso degli studi universitari sono entrata in carcere, per un’esperienza pratica guidata, dove sono venuta in contatto non solo con il contesto penitenziario, ma anche con le detenute. Ricordo in particolare le terroriste rosse e nere che erano a Rebibbia. Ho iniziato la mia attività professionale in Lombardia: vivevo a Milano e lavoravo al carcere di Pavia, e poi a Lodi in un centro di accoglienza per tossicodipendenti. Successivamente ho voluto intraprendere l’attività di ricerca e ho fatto un Dottorato con una tesi in Psicologia giuridica civile, sulla valutazione delle capacità genitoriali. Dal 2004 ho iniziato ad insegnare Psicologia giuridica alla “Sapienza”, Università di Roma. Quando sono tornata da Milano ho avviato l’ attività professionale sia come Psicologa giuridica che come Psicoterapeuta. Mi occupo di consulenze tecniche d’ufficio e di parte in ambito civile, penale. Sono consulente della Procura di Roma e di Tivoli per l’ascolto giudiziario del minore. Dal 2001 lavoro come psicologa a convenzione, presso il carcere di Regina Coeli. Ho scritto oltre 54 pubblicazioni scientifiche e tre manuali accademici che riguardano: la valutazione delle capacità genitoriali; la validazione di uno strumento di assesment sempre per le capacità genitoriali (con Camerini e Lopez) e un testo sulla criminalità minorile (con Tiziana Frazzetto) . Da poco è uscito il mio primo saggio divulgativo sulla Psicologia giuridica che si intitola “Il prisma – Storie di omicidio e dintorni” (edito dalla casa editrice Bussola).
-Nel corso della sua carriera quale è stato il caso giudiziario che più l’ha colpita? Sia sul piano professionale che su quello umano.
Le storie giudiziarie che riguardano gravi crimini come l’omicidio colpiscono sempre, soprattutto dal punto di vista umano. Nel testo parlo anche di due omicidi non noti: Christian, un ragazzo rumeno di 19 anni, che alla stazione Termini di Roma uccide un barbone come lui; Marco e Fabrizio, due amici (uno dei due si rende complice in modo imprevisto dell’assassinio dell’altro). Lavorando in carcere avrei molte storie da raccontare e che mi hanno colpito particolarmente. L’aspetto della violenza non è mai assoluto perché c’è sempre uno spessore umano molto più complesso e articolato, rispetto all’ azione commessa. Come ci insegna la Criminologia, non possiamo ridurre le persone meramente ai reati che compiono, per quanto siano brutali, tragici e allarmanti. Lavorando con chi si è macchiato di un crimine, cerco sempre di mettermi in contatto con il suo senso di umanità.
-Cosa l’ha spinta a decidere di scrivere questo libro dal titolo “Il prisma – Storie di omicidio e dintorni”.
Avevo più esigenze: da una parte quella di rendere maggiormente comprensibile una scienza che è la Psicologia giuridica e che spesso viene divulgata in modo banale e distorto; dall’altra volevo offrire maggiori strumenti interpretativi a chi è appassionato di cronaca nera e di crimini e cerca di comprendere i tragici fatti che accadono purtroppo quotidianamente. D’altra parte, avevo anche l’esigenza di fare un bilancio della mia esperienza professionale fino ad oggi, donando al lettore molti aspetti della mia attività professionale che riguardano casi noti alla cronaca riportati nel libro: il caso Franzoni, il caso della povera Simonetta Cesaroni, il caso della povera Serena Mollicone. Nel saggio parlo, anche dell’infanticidio: un tipo di omicidio particolare. Ho analizzato la vicenda tragica della morte della signora Viviana Parisi e quella di Ettore Majorana, affrontando il tema delle persone scomparse. E’ un libro denso. Non ho mancato di dedicare una parte al tema dell’ascolto dei bambini e di quanto le malpractices possono produrre dei “mostri”, come per la vicenda della bassa modenese; l’ inchiesta-veleno del giornalista Trincia e il caso di Bibbiano.
a cura di Daniele Spisso