Nell’ambito dell’iniziativa denominata “Percorsi di legalità”, si è tenuta presso la parrocchia Immacolata Concezione di Capodichino la presentazione del libro “Don Riboldi-Il coraggio tradito” scritto dal giornalista Pietro Perone che ha conosciuto personalmente Don Riboldi, sacerdote e poi vescovo di Acerra impegnato nella lotta contro la camorra.
“Questo territorio, il nostro Stato deve ammettere la sua responsabilità nei confronti delle vittime di camorra perché non esistono vittime innocenti o colpevoli. Il libro parte dalla figura spirituale di Don Riboldi per poi concentrarsi sulla sua azione sociale, sottolineando la sua lungimiranza nel puntare sui giovani per combattere la camorra” ha dichiarato l’assessore delle Politiche Culturali della Municipalità 7, Mauro Marotta, che ha moderato l’evento.
E’ poi intervenuto il presidente della Municipalità 7, Antonio Troiano, che ha sottolineato l’importanza di intraprendere questi percorsi di legalità sul territorio coinvolgendo scuole e parrocchie: “Lo Stato ha vinto contro la camorra qui, nella Settima Municipalità e ora deve partire un progetto sociale utile allo sviluppo concreto di questi territori: solo così ci sarà la possibilità di cominciare un percorso di recupero e noi come Municipalità, stiamo concentrando le nostre forze in questo senso. Abbiamo creato una sinergia con le parrocchie, con la scuola come prima istituzione e i dirigenti ci stanno dando una mano per percorsi concreti per la legalità. Grazie a tutte le istituzioni presenti in prima linea sul territorio” e ha poi speso delle parole per ricordare la figura di Don Riboldi: “Festeggiamo la figura di don Riboldi, che lottava contro la mafia e la camorra in un periodo buio e in un contesto dove non esistevano social o altro e lui è uscito allo scoperto e si è fatto notare. Un uomo del Nord che ritorna al Sud tra le genti in Sicilia per portare il suo aiuto durante il terremoto nel Belice e poi ad Acerra. È riuscito a dare voce alle persone, iniziando un percorso di cui vediamo i frutti oggi.”
L’autore del libro, Pietro Perone, ha raccontato quanto la figura di Don Riboldi sia stata d’ispirazione nel corso della sua vita e di quando, da giovanissimo, salì sul palco durante la marcia anticamorra guidata proprio da lui ad Acerra: “Don Riboldi è il prete che ha insegnato il coraggio a più generazioni di giovani ed ebbe la forza di venire ad Acerra, a lui sconosciuta, dopo la tragica esperienza nel Belice. Dal momento dell’insediamento ad Acerra, dal palco parlò con le persone che richiedevano la ricostruzione delle case e dopo poco si trovò a fare i conti, nel 1982, con una guerra di camorra. Lui era un meridionale per missione, sfidò i giovani a scendere in strada per contrastare la camorra e arrivò a sfidare Cutolo. Il 12 novembre 1982 un migliaio di ragazzi decidemmo di andare ad Ottaviano a piedi per fare assemblea nel liceo classico del Comune, tutti avevano paura di noi, nessuno osava avvicinarsi a noi eravamo con Don Riboldi, il paese era vuoto e la gente stappava i volantini che consegnavamo. Tutto questo ci diede forza, non ci fece paura” e ha spiegato poi il motivo per cui ha deciso di scrivere questo libro: “A 5 anni dalla sua morte, mi sono reso conto che nessuno conosceva la sua figura e lo abbiamo capito da un questionario che abbiamo fatto nelle scuole. Nella speranza che i ragazzi possano conoscere don Riboldi, anche se non attraverso il libro, ho scritto perché credo che noi dobbiamo cominciare a raccontare queste cose perché i ragazzi non prendano ad esempio modelli sbagliati, mostriamogli qualcosa di diverso rispetto a ciò che vedono in giro. Questo è un libro per ricordare questa stagione e quest’ uomo che, nonostante il tradimento, non avrebbe smesso mai di lottare pur di aprire una strada nel deserto, come recitava il suo slogan e tocca ad ognuno di noi fare la propria parte”.
Ricco di vicende di quegli anni e di ricordi personali, l’intervento dell’ex procuratore della Repubblica Paolo Mancuso che si è schierato in prima linea con lo Stato: “Ho conosciuto don Riboldi nella dimensione di protagonista sociale, ma anche come figura spirituale e ha lasciato in me una sensazione che raramente ho rivissuto. Io sentii la sua voce in radio per la prima volta e rimasi colpito, nonostante io non sia credente. Era un pastore che parlava alle anime in maniera profonda e diretta e a tutti e trasferiva con le sue parole il suo messaggio con una tale intensità e con un modo di comunicare commovente” e in merito ai fatti di cronaca ha spiegato: “La situazione dell’epoca era straziante: una serie di omicidi quotidiani e c’era un’archiviazione continua di casi senza colpevoli. Il messaggio era “finché si sparano fra di loro non è un problema” ed è la peggiore riflessione ed il peggiore atteggiamento che si possa assumere. Come potevamo essere indifferenti a questo contesto? Io capivo meglio cosa stesse succedendo leggendo articoli o libri, spesso gli studenti facevano comprendere a tutti cosa stesse accadendo perché l’attività di Don Riboldi s’intrecciava sempre con la nostra attività. Fino a che non si sono creati movimenti del popolo come ha fatto lui, non c’è stata una presa di coscienza. Don Riboldi è stato presente sul territorio e ho ragionato con lui anche su una proposta dei Moccia sulla resa della camorra e il confronto fu molto serio e profondo: senza protagonisti, movimenti, associazioni, intellettuali e stampa si sarebbe perso tutto e non ci sarebbe stata proprio la battaglia. Lui è stato un protagonista indiscusso”.
L’incontro si è concluso con l’intervento del decano e parroco dell’Immacolata Concezione, Don Doriano Vincenzo De Luca che ha “Non amo distinguere l’uomo di fede e l’uomo, questa dicotomia crea crepe anche nella stessa Chiesa e si creano poi situazioni paradossali. Oggi ci si lamenta di ogni situazione, ma quel lamento trova senso in quel coraggio tradito. Don Riboldi è un uomo che ha lottato ed è morto sereno facendo ciò che voleva, siamo noi che ci sentiamo in colpa e rimarchiamo che quell’azione di don Riboldi ha trovato la forma del tradimento nelle nostre incapacità. È stato un uomo di carità intellettuale che, in lui, diventava integrale. Lo Stato deve essere capace di dividere i compiti tra i vari attori, ma la politica troppo spesso non riesce ad arginare problematiche come la camorra…questo compito non può essere dato solo ad associazioni, alla Chiesa o alla scuola, ma lo Stato deve prendere le redini perché capita spesso che non riesca a prendersi le sue responsabilità. Il Vangelo è fare autenticità su sé stessi e sugli altri e don Riboldi rispecchiava questo: la Chiesa ha il compito di favorire l’insieme e Don Riboldi ha lavorato in questo senso. Mi piace pensare a lui come una figura che ci possa dare speranza per continuare a fare bene.”.
L’evento finale dei percorsi per la legalità si terrà il 19 aprile con un corteo degli studenti che simboleggerà una presa di coscienza collettiva del territorio.
Sara Finamore