Giustizia per Nunzia e Barbara. Silvana Sasso: la testimone che descrisse l’assassino

“Mamma, Nunzia si è fidanzata con un ragazzo più grande”: con queste parole innocenti la piccola Barbara Sellini (7 anni) rivela a sua madre Mirella Grotta, a fine giugno del 1983, che la sua inseparabile amica Nunzia Munizzi (10 anni) sogna di vivere – da fanciulla innocente – la sua idea dell’amore con un giovane conosciuto nel rione Incis di Ponticelli, da lei visto come il principe azzurro.

Nunzia e Barbara sono molto amiche: frequentano la stessa scuola di Ponticelli, vivono in via Louis Armstrong in due edifici vicini, giocano insieme nei giardinetti davanti le loro abitazioni, si scambiano segreti e confidenze, condividono il tempo libero, qualche volta si avvicinano alle auto dei ragazzi più grandi che hanno lì il loro ritrovo per ascoltare dagli stereo a musicassette le canzoni di Nino D’Angelo.

Chi è il ragazzo più grande che Nunzia ha conosciuto e con il quale gioca al fidanzamento? Si chiama Gino o almeno questo è il nome con il quale è conosciuto dalle due bimbe. Barbara gli ha dato un soprannome: Tarzan tutte lentiggini, evidentemente perché è robusto di corporatura e porta i capelli un po’ lunghi, un po’ mossi.

Di questo giovane la piccola Barbara ne ha parlato ad una sua amica e vicina di casa: Silvana Sasso, 9 anni. Silvana sa che Gino conosce da un po’ di tempo Nunzia e Barbara, sa che in qualche occasione precedente costui ha portato le due bimbe a prendere un gelato.

Venerdì 1° luglio 1983 Barbara incontra Silvana Sasso e le dice: “Domani sera io e Nunzia abbiamo un appuntamento alle 19 con Tarzan tutte lentiggini. Abbiamo un pic-nic con lui. Ci aspetterà davanti alla pizzeria la Siesta. Vuoi venire anche tu? L’importante è che non lo dici a nessuno. E’ un nostro segreto”

Si tratta in realtà di un appuntamento con la sola Nunzia Munizzi perché è a lei che Gino è interessato. Barbara però vuole accompagnare la sua amica: non si separano mai, si vogliono molto bene. Per Barbara è bello essere accanto alla sua migliore amica del cuore durante un appuntamento innocente con un ragazzo grande che fa fare loro un giro sulla propria auto, come era accaduto altre volte. Nunzia non è a conoscenza dell’invito fatto da Barbara a Silvana Sasso, lo saprà soltanto la sera dopo.

Sabato 2 luglio 1983, alle ore 16:00, Nunzia va a trovare Barbara in casa. Le due bimbe si appartano in una stanza: quando Barbara si accorge che sua madre, Mirella Grotta, cerca di prestare attenzione alla loro discussione chiude la porta dicendo “Mamma, devo dire una cosa alla mia amica che tu non puoi sapere”.

Alle ore 18:00 Barbara citofona a Silvana Sasso, rinnovandole l’invito. Le dice che ha preparato una busta con dentro delle merendine. Silvana però rifiuta: non può uscire di casa perché quella sera si riunisce tutta la sua famiglia in occasione di una festa. Di conseguenza la nonna non le ha dato il permesso per unirsi a loro.

Alle ore 19:00-19:10 Nunzia e Barbara, dopo aver giocato nei giardinetti di via Armstrong con i loro coetanei durante il pomeriggio, escono dal rione Incis e tenendo in mano una busta con dentro delle merendine si incamminano lungo via Madonnelle. Raggiungono a piedi la vicina pizzeria “La Siesta”: qui ad attenderle in auto (una Fiat 500 di colore scuro) c’è Gino. Il giovane apre la portiera dal lato del guidatore, le fa salire a bordo, parte in direzione di Volla. Ad assistere per caso a questa scena è Antonella Mastrillo,10 anni, compagna di classe di Nunzia Munizzi a scuola. In quel momento Antonella si trova lungo via Madonnelle per raggiugere il vicino panificio e sbrigare una commissione. Prima di vederle avvicinarsi e salire a bordo della Fiat 500 Antonella ha chiesto a Nunzia dove stesse andando: Barbara ha girato il viso, Nunzia glielo ha subito rigirato dall’altra parte.

Tarzan tutte lentiggini non è il principe azzurro che Nunzia sogna, non è il bravo ragazzo che le bimbe credono. E’ un malintenzionato, un individuo socialmente pericoloso, un violento, un delinquente. Si è presentato sotto mentite spoglie, si è guadagnato la fiducia delle piccole, le ha attirate in un tranello. Ha premeditato tutto, si è organizzato bene, ha studiato i luoghi (o li conosce perché abituali/familiari durante i suoi spostamenti). Le ha attese davanti la pizzeria La Siesta per non farsi vedere con loro nel rione Incis di Ponticelli quella sera.

Gino le porta con se in un luogo isolato, aperto o chiuso. All’epoca l’area territoriale compresa tra Ponticelli, Volla, Cercola era più rurale che urbana: c’era tanta campagna, c’erano tanti posti isolati.

Le minaccia con un coltello a serramanico del quale dispone, le aggredisce picchiandole sulla testa. Violenta Nunzia (tramite congiungimento carnale o con un mezzo improprio. Nessuna traccia di liquido seminale) e poi la sevizia: 16 ferite da punta e taglio, 3 da punta. La uccide con due ferite da punta e taglio trapassanti la parete posteriore del cuore. Con lo stesso coltello a serramanico sevizia anche Barbara: 12 ferite da punta e taglio, 1 da taglio. Uccide anche Barbara: un colpo da taglio che le recide la carotide destra provocandole una violentissima emorragia esterna.

Un simile orrore è certamente opera di un pedofilo sadico.

Compiuto l’orrendo massacro Gino decide di spostare i corpi in un altro luogo: probabilmente perché ha assassinato Nunzia e Barbara in un posto a lui familiare (teme di essere scoperto facilmente). Oppure perché non può cancellare delle tracce lì dove ha compiuto la sua disumana azione criminale.

Aspetta il calare del buio, aspetta due ore: meno circolazione di auto, meno persone in giro, meno rischi. E’ un assassino attento, lucido, non impulsivo, fa di tutto per non farsi notare, fa di tutto per muoversi bene e per evitare pericoli che lo scoprano.

Con la propria auto l’assassino (dopo essersi disfatto della busta con dentro le merendine delle bimbe) porta i cadaveri di Nunzia e Barbara nel canalone in secca del Pollena, un corso d’acqua (in quel momento asciutto) che scorre in aperta campagna alla periferia di Cercola. Per l’esattezza alla fine di via Meuricoffre (tra le attuali via Matilde Serao e via Argine, località Caravita) sotto il cavalcavia della Tangenziale che collega quella zona della periferia est di Napoli ai Comuni vesuviani. Una zona nella quale ogni domenica vengono organizzate le corse clandestine dei cavalli: uno dei tanti business locali della Camorra. Il canalone è a 4 chilometri di distanza da via Madonnelle: 8 minuti d’auto dal punto in cui si sono perse le tracce di Nunzia e Barbara.

Intorno alle 22:30 Gino abbandona i due cadaveri nel canalone, adagiandoli l’uno sull’altro, poi li brucia (adoperando la benzina, o la nafta, o l’alcool): probabilmente per essere sicuro di cancellare sue tracce finite per errore sugli indumenti e/o sui corpi delle povere bimbe. Dal momento che ha adoperato un coltello a serramanico per seviziare ed uccidere Nunzia e Barbara non si può escludere che si è ferito ad una mano o ad un dito, perdendo sangue. Sicuramente conosce molto bene anche la zona del canalone: sa che lì, abitualmente, vengono bruciati dei rifiuti abbandonati. Nessuno quindi farà caso a delle fiamme sotto il cavalcavia della Tangenziale nel canalone del Pollena pur ad ora tarda. Non è stato possibile accertare se anche Barbara Sellini subì violenza carnale come la sua amica Nunzia: gli estesi fenomeni di carbonizzazione degli organi genitali impedirono al Medico legale incaricato, il Prof. Zarone, di accertarlo. Probabilmente no perché la povera Barbara indossava ancora gli slip al momento del ritrovamento e questi non presentavano tracce ematiche. La conferma che in realtà l’assassino nutriva un interesse particolare solo per la bimba più grande, Nunzia.

Chi è questo Gino detto Tarzan tutte lentiggini? Qual è il suo vero nome? Esiste ancora o è morto?

Di lui c’è una descrizione dettagliata, è stata fornita agli inquirenti nel 1983 (subito dopo la scoperta del duplice delitto) proprio da Silvana Sasso, l’amica di Barbara Sellini. Fu Silvana a parlare dell’appuntamento di Nunzia e Barbara con Tarzan tutte lentiggini, fu lei a descriverlo con precisione: è alto 1 metro e 75, ha i baffetti, ha le lentiggini, è robusto, ha i capelli biondi lisci pettinati all’indietro, ha 20-22 anni, possiede una Fiat 500 verde scuro.

Se oggi è ancora vivo costui ha sessant’anni. E’ ancora possibile scoprirne l’identità perché c’è un testimone-chiave in grado di portare a lui: è proprio Silvana Sasso. Per averlo descritto così bene Silvana – nel 1983 – deve averlo visto in faccia di sicuro. 40 anni fa Silvana aggiunse che Gino era solito fermarsi con l’auto nel rione Incis di Ponticelli, proprio dove abitavano e giocavano Nunzia e Barbara, proprio dove lei stessa abitava. Lì se ne stava in auto ascoltando musica ad alto volume.

Dai fatti e dalla testimonianza di Silvana Sasso emerge un quadro molto chiaro: Nunzia e Barbara sono state uccise da un giovanotto poco più che maggiorenne, neopatentato. Pedofilo e sadico. Un ventenne che disponeva di un coltello a serramanico e che si era presentato alle due bimbe sotto mentite spoglie (le bimbe non temevano nulla). Con l’inganno le aveva attirate in una trappola mortale, in una azione bestiale premeditata e ben organizzata. Evitando di lasciare tracce, evitando di essere visto, muovendosi bene attraverso i luoghi nei quali ha agito. Un giovane disturbato, socialmente pericoloso. Aveva attratto Nunzia e per questo motivo la Munizzi “giocava al fidanzamento” con lui. Le due bimbe si fidavano, la sera del 2 luglio 1983 non era un primo appuntamento: in caso contrario non sarebbero salite sulla sua auto portandosi dietro una busta con delle merendine per un “pic-nic”.

Non si può affatto escludere che Gino è qualcuno mai entrato nei sospetti degli investigatori in questi 40 anni. A Silvana Sasso furono sottoposte all’epoca le foto di tutti i sospettati del caso: in nessuno di loro la testimone ha riconosciuto Gino.

E’ doveroso rivolgerle un appello a cuore aperto: Silvana puoi ancora aiutare la macchina della giustizia a scoprire la vera identità dell’assassino di Nunzia e Barbara. Fallo per loro avendo nel cuore l’amicizia che ti legava alla piccola Barbara.

Due povere creature, due innocenti creature massacrate da una bestia feroce, da un sadico, da un pedofilo, da un delinquente che non merita alcun perdono e che – se ancora vivo – non può e non deve restare ancora impunito.

Attendiamo, fiduciosi, che dal profondo della memoria e della coscienza arrivi l’aiuto per poter dare un nome ed una faccia a Tarzan tutte lentiggini, al mostro di Ponticelli, all’orco che 40 anni fa ha impedito a Nunzia e Barbara di continuare a vivere.

a cura di Daniele Spisso

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...