Il delitto di Simonetta Cesaroni – Gruppi sanguigni e DNA. Ne parliamo con la Dott.ssa Teresa Accetta, Biologo forense e Genetista forense.
Il 7 agosto 1990 la 20enne Simonetta Cesaroni è stata assassinata da mano rimasta ignota in un ufficio, di via Carlo Poma 2 a Roma, presso il quale svolgeva da poco tempo un’attività part-time in qualità di segretaria contabile. Nessun reperto (interno ed esterno alla scena del delitto) ha restituito un profilo utile alle indagini scientifiche (condotte ex novo dal Ris Carabinieri tra il 2004 ed il 2008, con l’apertura di una nuova indagine) ad eccezione di due indumenti che la vittima indossava sul luogo del delitto, il giorno del delitto, al momento del delitto. Due indumenti che aveva ancora a contatto con il suo corpo privo di vita quando gli inquirenti effettuarono il sopralluogo: il suo reggiseno (ancora allacciato al petto) ed il suo corpetto (trovato adagiato sul ventre di Simonetta). Sul reggiseno sono stati rinvenuti due profili: quello di Simonetta Cesaroni e quello del suo fidanzato di allòra, Raniero Busco (processato e condannato a 24 anni in primo grado nel gennaio 2011, assolto con formula piena nell’aprile 2012 – la sua assoluzione con formula piena è stata confermata in via definitiva dalla Corte di Cassazione nel febbraio 2014). Sul corpetto di Simonetta sono stati rinvenuti due profili: quello di Simonetta Cesaroni, quello di Raniero Busco.
Questo dato si è scontrato con un altro dato, ricavato dalle indagini scientifiche compiute dai consulenti della Procura di Roma tra il 1990 ed il 1992: esaminando (30 anni fa) alcuni reperti d’interesse per l’indagine e sporchi di sangue (interni all’ufficio nel quale si consumò il delitto) con il sistema AB0 (quello che era finalizzato a identificare un gruppo sanguigno attraverso l’esame di una traccia ematica) i primi consulenti conclusero che quelle tracce contenevano sangue di gruppo A. Qui si è creata una evidente contraddizione, dal momento che nessun DNA di nessun soggetto di gruppo A è stato rinvenuto sugli indumenti di Simonetta Cesaroni coinvolti nel delitto (la stessa vittima non era di gruppo A, neanche il suo fidanzato di allòra Raniero Busco: entrambi di gruppo sanguigno 0).
Affrontiamo il punto con la Dott.ssa Teresa Accetta, Biologo forense e Genetista forense.
Dott.ssa Accetta, cominciamo spiegando ai nostri lettori che cosa era il sistema AB0 e come veniva applicato in laboratorio.
Il sistema AB0, scoperto agli inizi del ‘900, è una classificazione dei gruppi sanguigni che avviene in base all’analisi della presenza o meno di particolari molecole presenti sulla superficie dei globuli rossi. Nasce per rendere le trasfusioni più sicure ed è tuttora fondamentale in medicina trasfusionale per assicurare che ci sia compatibilità tra il paziente e il sangue che viene trasfuso. Ad oggi sono riconosciuti 30 sistemi diversi di classificazione dei gruppi sanguigni ma i più diffusi ed utilizzati sono il sistema AB0 e il sistema Rh. Il gruppo sanguigno, come il DNA, è una componente ereditaria e quindi determinata a livello genetico. Scoperta questa componente ereditaria, intorno al 1920 si è iniziato ad utilizzare questo sistema anche nel campo forense per l’identificazione dei sospettati o nell’esclusione di una paternità. Col tempo però la comunità scientifica forense ha abbandonato l’uso di tale sistema in quanto non individualizzante. Infatti, i gruppi sanguigni sono condivisi da milioni di persone del mondo. Ad esempio in Italia circa il 40% della popolazione presenta il gruppo sanguigno 0+. Circa l’85% della popolazione italiana è Rh+. Questo non permette di individuare una persona e di certo non permette di collegarla ad una determinata traccia trovata su una scena del crimine. Il test che viene eseguito in laboratorio per identificare il gruppo sanguigno era ed è il test di agglutinazione, cioè un test immunologico per rilevare se nel corpo sono presenti o meno specifiche molecole.
Oggi questo sistema è stato completamente abbandonato nell’ambito delle indagini scientifiche forensi: perché ciò è avvenuto?
La scoperta del DNA è una delle scoperte più sensazionali dell’uomo, importante in diversi settori: dalla medicina alla criminologia all’epigenetica alle neuroscienze. Tutti noi condividiamo all’incirca il 99,5% del DNA in quanto la funzione principale è la costituzione delle proteine che permettono la nostra vita. Il restante circa 0,5% è tipico di un individuo, diverso dagli altri e per questo altamente individualizzante. Ed è proprio questo 0,5%, ereditato dai genitori, che viene preso in considerazione dall’analisi genetico-forense, sia ai fini civili che penali. Avendo trovato una prova così individualizzante, la comunità forense ha abbandonato l’uso del sistema AB0 ai fini identificativi.
Possiamo affermare che le analisi condotte per cercare il DNA sui reperti d’interesse per una indagine è notevolmente più preciso, affidabile, sicuro delle analisi che si eseguivano anni fa allo scopo di identificare la classificazione di un gruppo sanguigno?
La questione non è l’affidabilità delle analisi, ma la totale diversità. La ricerca del DNA e la ricerca del gruppo sanguigno sono diverse sia dal punto di vista analitico che di risultato. Per avere il gruppo sanguigno è assolutamente necessaria la presenza di globuli rossi, e quindi sangue. Inoltre il risultato non consente di individuare senza ombra di dubbio un’unica persona. Il DNA, invece, lo si può estrarre da qualsiasi cellula nucleata del nostro corpo e quindi da diversi fluidi biologici quali sangue, urina, sudore, sperma, saliva. È un test che porta alla tipizzazione di un profilo unico per ogni individuo (ad eccezione dei gemelli monozigoti che condividono lo stesso DNA).
Per il caso del delitto di Simonetta Cesaroni i primi consulenti della Procura di Roma hanno esaminato per 5 volte alcuni reperti sporchi di sangue: per 5 volte la loro conclusione è stata che il sangue presente su tali reperti apparteneva ad un gruppo A. Le analisi del Ris Carabinieri – condotte anni dopo su tutti gli altri reperti d’interesse per l’indagine (quasi tutti i reperti sporchi di sangue sono stati consumati, nel corso degli anni precedenti, per effettuare gli esami con il sistema AB0. Il Ris ha potuto esaminare solo una piccolissima traccia ematica presente su un tassello ricavato dal lato esterno della porta della stanza del delitto: il risultato non ha consentito nessuna identificazione per l’eccessivo limite e per l’eccessiva frammentazione dei pochi dati genetici venuti alla luce) – non hanno invece trovato nessun profilo appartenente a soggetto di gruppo sanguigno A. Neanche sui due reperti più importanti: il corpetto ed il reggiseno di Simonetta Cesaroni, coinvolti nel delitto. Come si spiega in termini scientifici tutto ciò?
Nonostante passino tanti anni, è comunque possibile trovare molte informazioni genetiche su qualunque tipo reperto. Il problema però è la modalità di conservazione di quel reperto e/o la quantità di partenza di materiale biologico presente. Se i reperti vengono conservati in maniera non idonea e senza seguire le linee guida internazionali, si incorre nel rischio di degradazione e/o contaminazione delle prove genetiche che in tal caso potrebbero non fornire ulteriori informazioni o rendere difficoltosa l’interpretazione finale dei dati eventualmente ottenuti. Non trovare alcun tipo di gruppo sanguigno sugli indumenti non significa che non ci sia mai stato, ma potrebbe significare che non via sia la giusta quantità di materiale biologico necessario per la rilevazione del gruppo sanguigno. Diverso è il discorso dell’estrazione del DNA in quanto negli ultimi anni le tecniche di analisi di tale molecola sono diventate sempre più sensibili e affinate tanto da poter trovare DNA nelle condizioni più disparate. Inoltre il DNA si può prelevare anche da altri fluidi, di conseguenza se non era più disponibile la quantità di sangue necessaria per trovare il gruppo sanguigno, è probabile che fosse adeguata per estrarre DNA, ciò non esclude la presenza di un altro fluido, spesso invisibile ad occhio nudo, come la saliva, la quale per esempio fornisce un buon quantitativo di DNA rispetto ad altri fluidi.
Il sistema AB0 poteva sbagliare?
Generalmente è difficile che un’analisi specifica porti ad errori nel risultato. Gli errori possono accadere e purtroppo spesso causati proprio dall’uomo per imperizia, imprudenza o negligenza. Non posso quindi escludere, non avendo, in quanto non presente, contezza di ciò che esattamente sia stato fatto e di come sia stato fatto, che possa esser stato commesso un errore umano. Nel caso specifico, avendo letto che il test sul gruppo sanguigno è stato ai tempi ripetuto più di due volte, posso verosimilmente pensare che il risultato sia corretto, escludendo l’errore umano o un possibile kit non idoneo utilizzato per tali analisi laboratoriali.
La letteratura scientifica come si esprime oggi sul sistema AB0 e sulla sua affidabilità rispetto agli esami odierni per la ricerca del DNA sui reperti?
In genetica forense, l’unico test utilizzato per la ricerca di uno specifico individuo è il test del DNA. Il Test AB0 non viene utilizzato ai fini identificativi, ma al massimo per avere un’informazione in più qualora fosse necessaria ai fini investigativi.
30 anni fa la scena del delitto non veniva tutelata come avviene oggi durante il sopralluogo: probabilmente le tracce ematiche non venivano prelevate in modo ottimale e conservate in modo ottimale. Questi fattori – rischio: contaminazione – potevano determinare errori al momento di identificare in laboratorio un gruppo sanguigno ricorrendo al sistema AB0?
La contaminazione nel caso del DNA è molto grave, perché purtroppo rende molto complicata la fase interpretativa del profilo ottenuto e della comparazione con una traccia prelevata da una scena del crimine. Per quanto riguarda il sistema sanguigno AB0, in caso di contaminazione con sangue di altro individuo, il risultato potrebbe variare se i gruppi sanguigni che si mischiano son diversi, per esempio uno A con uno B potrebbe risultare apparentemente un solo individuo di gruppo AB. Se un individuo di gruppo A si mischia con uno di gruppo zero, il test rileverà la presenza solo della molecola A e il gruppo risulterebbe solo A, perché lo zero indica che quei globuli rossi non presentano alcuna molecola sulla loro superficie. Mentre il DNA ci dice verosimilmente quante persone hanno contribuito a rilasciare quella traccia.
Nel 1991 la Procura di Roma ha sottoposto ad una comparazione 5 persone – potenziali sospettati perché collegali all’ufficio del delitto o al palazzo del delitto – di gruppo sanguigno A con le tracce di sangue ritenute di gruppo sanguigno A: il genotipo di queste 5 persone è risultato incompatibile con il genotipo del (presunto) gruppo A. Questo risultato come lo interpreta Dott.ssa?
Come le dicevo, avere lo stesso gruppo sanguigno non equivale ad avere lo stesso DNA. Solo il DNA può dire se una traccia è stata lasciata da quel determinato sospettato o no. Il DNA identifica la persona. Per capirci con un esempio più semplice: il DNA è come se fosse il nostro codice fiscale, il nostro marchio. Il gruppo sanguigno invece è come essere biondi. Il capello biondo non indentifica in maniera univoca una persona.
Dunque, Dott.ssa Accetta, possiamo concludere che oggi il risultato di quelle analisi di 30 anni fa è da considerarsi incerto, insicuro? In altri termini: è possibile che, in realtà, quel sangue non era di gruppo A?
Non è impossibile, non si può escludere una verosimile commistione.
*Note a margine:
-Nel processo di primo grado sul delitto di Simonetta Cesaroni la Scientifica del Ris Carabinieri evidenziò probabili fenomeni di contaminazione, trattandosi di oggetti destinati ad essere toccati da tante persone, trattandosi di reperti che avevano subìto diversi passaggi, dal momento che la dislocazione dei reperti sulla scena del delitto era propedeutica a contaminazioni, considerando che c’era pochissimo materiale cellulare. Le possibili contaminazioni furono perciò ritenuto più al rischio dagli specialisti della Scientifica del Ris Carabinieri.
-Nel processo di secondo grado sul delitto di Simonetta Cesaroni il Dott. Luciano Garofano, Biologo forense e Genetista forense, portò in Tribunale una pubblicazione scientifica con la quale dimostrò che nel corso del tempo gli agenti atmosferici possono inficiare i risultati ottenuti su tracce ematiche con l’applicazione del sistema AB0.
-Per il caso del mostro di Firenze il Genetista forense Dott. Ugo Ricci ha analizzato nel 2005 delle tracce ematiche presenti su un fazzoletto repertato nel 1985 alla piazzola degli Scopeti (teatro dell’ultimo, duplice delitto compiuto dal serial-killer toscano delle coppie): all’epoca le analisi effettuate con il sistema AB0 dettero come risultato un gruppo sanguigno B. Il Dott. Ricci, ricorrendo all’analisi del DNA, ha concluso, attraverso la sua indagine scientifica sulla traccia, che le macchie di sangue sono attribuibili ad un soggetto maschile il cui profilo genetico indica provenienza geografica presumibilmente dell’est Europa (probabilmente il sangue era della stessa vittima maschile del delitto degli Scopeti: Jean-Michel Kravechvilij, francese di origine georgiana. Jean Michel Kravechvilij era di gruppo sanguigno 0, non di gruppo sanguigno B).
-Da autorevole fonte scientifica, esperta in materia di Genetica forense, l’autore del presente articolo ha saputo che in presenza di campioni ematici non puri, in quanto prelevati da pavimenti o altri supporti, possono intervenire sostanze che modificano la reazione al substrato al momento dell’esame effettuato con il sistema AB0.
Un’ultima domanda Dott.ssa Accetta: in un caso di omicidio sessuale/passionale compiuto ad arma bianca (un tagliacarte, nel caso Cesaroni), compiuto in circostanze d’impeto, compiuto a mani nude è possibile o impossibile, per chi lo commette, evitare la perdita di proprie tracce biologiche sul corpo della vittima e/o sugli indumenti che indossa la vittima al momento dell’omicidio?
È altamente probabile lasciare tracce biologiche durante un evento passionale e di impeto. In un momento così concitato ci si può facilmente ferire, ma nell’eventualità questo non accadesse, è credibilmente poco probabile non rilasciare saliva o sudore o altro tipo di materiale biologico in una scena del crimine. Nello specifico negli anni ’90, periodo in cui la cronaca nera e le serie tv basate su di essa non erano così popolari e seguite e non venivano così diffusi i vari modi per evitare di lasciare tracce durante un evento delittuoso.
A cura di Daniele Spisso