
Ponticelli (Napoli) – 2 luglio 1983: alle ore 19:00-19:10 Nunzia Munizzi (10 anni) e Barbara Sellini (7 anni) raggiungono a piedi la pizzeria la Siesta, a pochi metri di distanza dal rione Incis (dove abitano). Hanno una busta con dentro delle merendine. Salgono su una Fiat 500 di colore scuro che parte in direzione di Volla (ad assistere alla scena due testimoni oculari: Antonella Mastrillo / deceduta nel 2021, compagna di classe di Nunzia Munizzi a scuola, Paolo Carrabba, amico di Nunzia e Barbara). Le due bimbe vengono portate in un luogo isolato (mai individuato dagli investigatori, nonostante i numerosi uomini impiegati e le ricerche spinte fino al Comune di s. Anastasia – all’epoca gli operatori di Polizia giudiziaria pensarono ad un casolare), seviziate, uccise. Nunzia è stata anche violentata. Tre ore dopo i loro corpi vengono spostati e abbandonati nel canalone dell’alveo Pollena, alla periferia di Cercola. L’assassino brucia i loro corpi con un liquido infiammabile, evidentemente per cancellare delle tracce.
Ci fu (dopo la scoperta del mostruoso crimine) una precisa descrizione dell’assassino, fatta grazie alle dichiarazioni della testimone-sopravvissuta Silvana Sasso (la bimba di 9 anni, amica di Barbara Sellini, che era stata invitata il 1° luglio da Barbara per unirsi all’appuntamento segreto della sera successiva. Barbara, nel rinnovarle l’invito anche la mattina del 2 luglio dal balcone di casa, le aveva detto che Gino voleva offrire loro un gelato o qualcos’altro. Barbara si assicurò che Silvana non rivelasse a nessuno questo appuntamento: era un segreto. Fu la nonna a salvare la vita a Silvana Sasso, impedendole di uscire da casa la sera del 2 luglio per motivi familiari): Gino (soprannominato Tarzan tutte lentiggini da Barbara Sellini) ha 20 anni, ha i capelli biondi lisci, è robusto, ha i baffetti, ha le lentiggini, è alto 1 metro e 75, possiede una Fiat 500 (dettaglio riferito anche da Barbara stessa a Silvana Sasso) verde scuro. Silvana Sasso lo vide in faccia, è evidente da come lo descrisse. Lo vide anche 7 giorni prima del delitto: il 25 giugno Gino si avvicinò a Barbara mentre la bimba stava giocando nel rione Incis e dopo averle chiesto cosa stesse facendo si fermò a lungo ad osservarla.
Anche in un’altra occasione Silvana Sasso lo aveva visto in auto nella piazzetta di via Louis Armostrong (rione Incis di Ponticelli) dove lei, Nunzia e Barbara abitavano. Gino, dice la Sasso, aveva l’abitudine di mettere ad alto volume la musica che proveniva dall’autoradio: tanto che in una occasione la piccola Silvana si avvicinò a lui dicendogli di abbassare il volume dell’autoradio (tutte dichiarazioni verbalizzate dai Carabinieri di Cercola). Questa è l’ulteriore prova che Silvana Sasso è una testimone molto importante, ancora oggi: non solo conosceva di vista Gino, non solo sapeva della frequentazione tra lui-Nunzia-Barbara, non solo sapeva che l’appuntamento del 2 luglio sera era proprio con lui, non solo lo aveva visto in faccia. Gli aveva anche parlato.
Sono affermazioni certamente attendibili basate su ricordi ancora molto freschi, ancora molto nitidi: in quanto Silvana Sasso rese queste dichiarazioni a verbale tre giorni dopo la scoperta del duplice delitto (6 luglio 1983).
L’assassino ha seviziato ed ucciso le due bimbe con un coltello a serramanico (complessivamente oltre 30 ferite da punta e taglio tra Nunzia e Barbara), dopo averle tramortite con pugni sulla testa. Ha violentato Nunzia con un congiungimento carnale o con un mezzo improprio (nessuna traccia di liquido seminale). L’ampia carbonizzazione dei corpi ha impedito di rilevare altre ferite, oltre quelle riscontrate dal Medico legale Prof. Alfonso Zarone, ed ha impedito di stabilire se le due bimbe erano state legate oppure no. Sparita la busta con dentro le merendine (il contenuto gastrico delle vittime risultò vuoto). Nunzia e Barbara conoscevano bene il loro assassino e lo frequentavano già da un po’. Era già capitato che questo Gino le aveva portate con se a prendere un gelato (lo dichiara a verbale sempre Silvana Sasso, l’amica di Barbara). Gino era interessato a Nunzia: la bimba più grande, infatti, giocava con lui al fidanzamento. La stessa Barbara Sellini aveva rivelato questo particolare a sua madre Mirella Grotta, pochi giorni prima del delitto: “Mamma, Nunzia si è fidanzata con uno più grande”. Quella sera le piccole avevano dunque un nuovo appuntamento con lui ed avevano una busta con dentro delle merendine. L’assassino era un pedofilo ed un sadico ma anche un soggetto lucido, programmatore, ben organizzato. Attento ad evitare rischi, attento a non essere visto, attento a non lasciare tracce (in caso di distrazione: cancellarle – come difatti fece. Probabilmente si era ferito durante l’aggressione ed aveva perso sangue, finito per disattenzione sulle giovanissime vittime). Si è mosso bene tra Ponticelli, Volla, Cercola (anche a tarda ora), conosceva il canalone del Pollena e sapeva che lì capitava di bruciare rifiuti. Si è preso tre ore di tempo tra il momento del delitto e lo spostamento dei corpi delle bimbe nel canalone. Aveva premeditato tutto e aveva un posto sicuro in cui portò le due bimbe (dove le ha seviziate, dove ha violentato Nunzia, dove le ha uccise), dal quale le spostò tre ore dopo l’omicidio per abbandonarle e bruciarle.
Nel corso delle indagini emersero alcuni elementi di sospetto nei confronti di tre persone.
*Primo sospettato (Luigi Anzovino – deceduto il 19 gennaio 1986. Precipitato dal balcone di casa per sfuggire alla cattura delle forze dell’ordine. Aveva violato un soggiorno obbligato)
A suo carico (dati contenuti negli atti d’indagine del 1983):
-Nel 1983 aveva 19 anni
-Abitava di fronte a Nunzia Munizzi e a Barbara Sellini (rione Incis Ponticelli). Conosceva entrambe le bimbe, almeno di vista
-Il suo nome, Luigi, può far pensare che si facesse chiamare anche Gino?
-Soggetto psichicamente instabile
-Nel marzo 1983 fu sospettato e poi scagionato per l’accusa di tentata violenza carnale su un minorenne. Nel settembre 1983 aggredì e colpì 13 volte con un coltello a serramanico sua sorella diciottenne Angela, all’uscita di quest’ultima dalla doccia
-Durante lo stato di detenzione (per l’aggressione alla sorella Angela) era interessato alla lettura degli atti del processo sul delitto di Nunzia e Barbara (come ha dichiarato al programma tv le Iene Luigi Schiavo, uno dei tre ragazzi ingiustamente condannati per l’assassinio di Nunzia e Barbara)
A suo discarico (atti d’indagine del 1983):
-Non possedeva un’auto
-Rientrò a casa alle 18:30 del 2 luglio senza più uscire (i familiari confermarono)
-Fu un testimone importante: alle 18:30 del 2 luglio, mentre rincasava, vide una Fiat 500 di colore blu muoversi nel rione Incis di Ponticelli, seguita a 20 metri di distanza da Nunzia e Barbara
*La sorella Angela ha dichiarato che fu trattato in modo duro durante gli interrogatori da parte delle forze dell’ordine
*Secondo sospettato (Enrico Corrado – deceduto il 6 agosto 2022 per cause naturali)
A suo carico (dati contenuti negli atti d’indagine del 1983):
-Tentava di adescare bambini nella zona di via Argine (la stessa zona in cui l’assassino di Nunzia e Barbara abbandonò e dette alle fiamme i corpi delle due bimbe), specialmente quando era ubriaco e perdeva lucidità nonché il ricordo del suo agire. Abitualmente faceva i suoi “appostamenti” alle ore 18
-Nella zona di via Argine tentò di aggredire e molestare – denudandosi degli organi genitali – una bambina di 8 anni, Marianna Sigala afferrandola per un braccio (fece la stessa cosa, nella stessa zona anche con una donna che abitava nello stesso stabile di Marianna Sigala: Paoletta Galois in Rossi)
-Per lavoro (faceva il venditore ambulante di immagini sacre. Fu condannato per estorsione, assieme a due pregiudicati suoi complici, in danno di alcuni commercianti della periferia orientale di Napoli) si recava anche nel rione Incis di Ponticelli, dove era noto
-Il 2 luglio 1983 pomeriggio si recò da solo nel rione Incis di Ponticelli – ovvero senza il suo compagno di lavoro, Mario Improta – usando la propria auto
-Possedeva da pochi mesi una Fiat 500 usata di colore blu scuro, come quella vista da Luigi Anzovino alle 18:30 del 2 luglio 1983 nel rione Incis di Ponticelli a 20-30 metri di distanza da Nunzia e Barbara (targata Na 495190, con un fanalino rotto, con un cartello “Vendesi” sul parabrezza). Pagando il Corrado Enrico la portò in rottamazione dopo una perquisizione interna della stessa da parte della Polizia (malgrado il cognato si fosse offerto per acquistare la vettura)
-Era robusto (tanto che alcuni lo chiamavano Maciste) ed aveva le lentiggini
-Nella zona delle palazzine Delieto di via Argine (poco distante dal rione Incis di Ponticelli) si faceva chiamare (per sua ammissione a verbale) Luigi: è possibile quindi che qualcuno lo chiamasse anche Gino?
-Durante un interrogatorio di Polizia disse di aver visto sul quotidiano “il Mattino” o sul quotidiano “Roma” la foto dei corpi di Nunzia e Barbara (così apprendendo del delitto. Era analfabeta, sapeva leggere poco): abbracciate, annerite, bruciate con la benzina nel canalone del Pollena (tra Cercola e Volla), abbandonate tra erba e polvere. Le vittime erano effettivamente in questo stato ma questa foto non è stata mai pubblicata sui quotidiani, neanche da “il Mattino” e il “Roma”. Nessuno poteva sapere con certezza che i corpi erano stati bruciati con la benzina: erano state formulate due ipotesi alternative dagli inquirenti e cioè o nafta o alcool. Enrico Corrado aggiunse di aver in seguito appreso dalla tv che le due bimbe erano state violentate e che erano state trasportate dall’aggressore con una Fiat 127 blu (nel corso della trasmissione televisiva le Iene-2023 la moglie ha parlato di trattamenti duri nei suoi confronti durante gli interrogatori da parte delle forze dell’ordine – nei suoi verbali d’interrogatorio ci potevano essere state aggiunte o manomissioni da parte dei verbalizzanti?)
-La moglie, Ida Fusco, lo smentì sull’orario di rientro a casa per il 2 luglio 1983: lui disse di essere rincasato tra le 17:30 e le 18:00, la moglie lo vide rientrare tra le 20:30 e le 21:00 (orario in cui il delitto già poteva essersi consumato perché delle due bimbe si persero le tracce alle 19:00-19:10)
-Conosceva la zona di Cercola (dove le bimbe furono abbandonate e date alle fiamme) perché lì vi abitava sua sorella, Teresa Corrado
A suo discarico (atti d’indagine del 1983):
-Una volta rientrato a casa (tra le 20:30 e le 21:00 – Enrico Corrado abitava a Napoli in via Ferrante Imparato) non uscì più dalla stessa (lo testimoniò sua moglie. Rimase nell’abitazione con lei e con i loro tre figli piccoli): i corpi delle due bimbe sono stati portati – dall’assassino – dal luogo del delitto al canalone del Pollena (dove furono abbandonati e dati alle fiamme) alle 22:30 (verso mezzanotte gli abitanti della zona avvertirono un terribile, cattivo odore di carne umana bruciata)
-La moglie testimoniò che quella sera il marito non era rientrato a casa in stato di ubriachezza. Era lucido
-Perquisendo la sua Fiat 500 gli investigatori non trovarono nessuna traccia sospetta, nessun indizio collegato all’assassinio di Nunzia e Barbara. Fu trovato su un tappetino un ramoscello d’erba che però era tipico della vegetazione delle zone di campagna del Comune di Striano (Comune di origine della moglie di Enrico Corrado – Luogo in cui l’uomo si era recato l’ultima volta una settimana prima del delitto). Fu trovato un orecchino da donna in realtà perso da una prostituta di strada con la quale l’uomo si era appartato in auto: Nunzia e Barbara avevano ancora i loro orecchini ai padiglioni quando furono trovate cadavere
-Non ci sono prove di una frequentazione o di una conoscenza tra Enrico Corrado, Nunzia, Barbara
-Aveva i capelli rossi e ricci, non biondi e lisci
-La sua Fiat 500 era blu scuro, non verde scuro
-Aveva 30 anni nel 1983, non 20
-Quando adescava i bambini (a volte usando gomme e caramelle) Enrico Corrado si dimostrava incurante di qualsiasi rischio poiché agiva in zone frequentate da persone, anche di giorno. Esattamente l’opposto di come ha agito l’assassino di Nunzia e Barbara. Non dava appuntamenti alle bambine: le afferrava in strada, tentava di aggredirle, si denudava, le molestava. Non ha mai usato un coltello a serramanico (mai trovato nella sua disponibilità): agiva a mani nude. Era un impulsivo che scattava sul momento. Esattamente tutto l’opposto di come era e di ciò che fece l’assassino di Nunzia e Barbara
*Il fratello di una delle due bambine uccise ha escluso – in un colloquio con l’autore del presente articolo – che la sorella potesse recarsi ad un appuntamento (assieme all’altra bambina) con un tipo simile in quanto Enrico Corrado era noto nel rione Incis di Ponticelli come un individuo dal quale era meglio stare alla larga
*Terzo sospettato (Vincenzo Esposito – vivente)
A suo carico (dati contenuti negli atti d’indagine del 1983):
-Era un giovane robusto
-Per il tipo di pettinatura e per il modo di portare i capelli nel 1983 poteva essere pertinente per lui il soprannome Tarzan (infatti in primo momento fu indicato lui come Tarzan tutte lentiggini – Fonte: maresciallo dei Carabinieri della caserma Pastrengo di Napoli Mastroianni)
-Frequentava il rione Incis di Ponticelli
-Conosceva Nunzia e Barbara (la sera del 1° luglio 1983 fu visto parlare con entrambe da Ernestino Anzovino, fratello di Luigi Anzovino). Esposito negò in primo momento tale circostanza poi dovette ammetterla
-Dichiarò il falso quando disse che non frequentava il rione Incis di Ponticelli dal dicembre 1982
-Fornì un alibi falso poiché disse di essere stato ad Avezzano (frazione di Sessa Aurunca-Caserta) a raccogliere l’insalata il 2 luglio 1983: fu smentito dai suoi datori di lavoro e da un collega
-Prima di Carmine Mastrillo fu Vincenzo Esposito ad accusare, con false dichiarazioni, Ciro Imperante-Luigi Schiavo-Giuseppe La Rocca del delitto di Nunzia e Barbara. Indicandoli come adescatori di minorenni in possesso di un coltello. Vincenzo Esposito fu incriminato per calunnia ai danni di Imperante-Schiavo-La Rocca
-Aveva un fratello di nome Luigi (poteva capitare che il fratello fosse chiamato anche Gino?). Quest’ultimo era possessore – da oltre tre anni – di una Fiat 500 blu scura che era nella disponibilità anche di Vincenzo Esposito
-Conosceva il posto in cui furono abbandonati e dati alle fiamme i corpi delle due bimbe perché lì un altro fratello suo, Pasquale, organizzava le corse clandestine dei cavalli
-Carmine Mastrillo dichiarò agli inquirenti – a verbale – di aver saputo da due bambine, un mese dopo l’omicidio delle piccole Munizzi e Sellini (agosto 1983), che Vincenzo Esposito conosceva l’assassino di Nunzia e Barbara in quanto era stato lo stesso Vincenzo Esposito a dare l’appuntamento alla Munizzi e alla Sellini il 1° luglio per la sera successiva (2 luglio). Mastrillo aggiunse di aver taciuto fino a quel momento questa circostanza per paura di Vincenzo Esposito. Successivamente Mastrillo disse di essersi inventato questo episodio. Gli investigatori sospettarono Vicenzo Esposito di coinvolgimento nel delitto o almeno di essere a conoscenza di informazioni sullo stesso e (in tal caso) di aver coperto l’autore dell’orrendo crimine (per l’esattezza: il giovane con la Fiat 500 di colore scuro)
Dati a favore (atti d’indagine del 1983 / programma tv le Iene 2023):
-La Fiat 500 di suo fratello Luigi era blu scuro, non verde scuro
-Raggiunto da Giulio Golia de le Iene nel 2023 Vincenzo Esposito dichiara che (malgrado la sua firma autografa) non c’è niente di vero nei suoi verbali d’interrogatorio, aggiunge che suo fratello Luigi non possedeva più (da 3- 4 anni) una Fiat 500 scura nell’estate del 1983, dichiara di essere stato sottoposto a trattamenti duri da parte degli investigatori durante gli interrogatori
*In un verbale d’interrogatorio del 1983 di Vincenzo Esposito è riportata la targa della Fiat 500 scura che allòra risultava (per sua stessa dichiarazione a verbale) nella disponibilità propria e di suo fratello Luigi (Na D30232): una verifica, da parte di chi di dovere e in caso di nuova indagine, permetterebbe di stabilire in quale momento è stata detta la verità su quest’auto (nel 1983 in sede d’interrogatorio o al microfono di Giulio Golia per le Iene 40 anni dopo)
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**L’assassino potrebbe essere anche un giovane mai sospettato nel 1983 del delitto di Nunzia e Barbara: un ventenne che magari riuscì ad evitare persino gli interrogatori. A Silvana Sasso furono sottoposte le fotografie dei sospettati interrogati dalle forze dell’ordine: in nessuno di loro lei riconobbe Gino detto Tarzan tutte lentiggini. Nel luglio 1983 anche il quotidiano “il Mattino” ipotizzò, sulla base dei primi elementi emersi e delle prime testimonianze acquisite, che ad uccidere Nunzia e Barbara era stato un ragazzo.
Probabilmente il giovane assassino veniva da fuori: conosceva bene il rione Incis di Ponticelli, passava per lo stesso in auto, lo frequentava più o meno abitualmente, conosceva l’area urbana e rurale compresa tra Volla e Cercola ma non abitava all’interno del rione Incis né a Ponticelli. Forse risiedeva in qualche Comune della Campania sito in prossimità di Ponticelli: Volla – Cercola – s. Giovanni a Teduccio – Barra. Nell’estate del 1983 il rione Incis fu setacciato dalla Polizia e dai Carabinieri: tra persone adulte (inclusi alcuni “tipi strani” segnalati per episodi locali di molestie) e minori (inclusi gli amici e le amiche di Nunzia e Barbara) tanti furono convocati negli uffici della Polizia e dei Carabinieri per essere sottoposti a diversi interrogatori. Anche più volte in una giornata e contemporaneamente da entrambi i corpi delle forze dell’ordine. Non si pervenne all’identità di questo Gino, come è scritto nel rapporto di Polizia giudiziaria del 22 agosto 1983. Questo dato potrebbe rafforzare l’ipotesi di un giovane assassino non residente nel rione Incis di Ponticelli.
**Negli atti del processo di primo grado si attesta che anche Carmine Mastrillo (fratello di Antonella Mastrillo, la compagna di classe di Nunzia Munizzi che vide salire le due bimbe sulla Fiat 500 scura di Gino/Tarzan tutte lentiggini la sera del 2 luglio 1983 davanti la pizzeria la Siesta di Ponticelli alle 19:00-19:10. Antonella Mastrillo successivamente cambiò in parte la sua versione dei fatti, su pressione della madre, negando di aver visto accanto a Nunzia e a Barbara una Fiat 500 scura) conosceva tale Gino detto Tarzan tutte lentiggini: il giovane visto e descritto da Silvana Sasso.
Non si può che rinnovare l’appello a Silvana Sasso: il suo dolore ed il suo trauma meritano tutto il rispetto e tutta l’umana comprensione che si devono ma lei è la sola in grado di aiutare la giustizia a dare una identità esatta all’assassino di Nunzia e Barbara. Ovvero a tale Gino detto Tarzan tutte lentiggini sui 20 anni, con baffetti e lentiggini, robusto, capelli biondi lisci, alto 1 metro e 75, possessore di una Fiat 500 verde scuro. Lei lo ha conosciuto di vista, dunque lo ha visto in faccia, gli ha parlato in una occasione.
E’ auspicabile che Silvana Sasso sia perciò ascoltata – quanto prima – dalla Commissione parlamentare antimafia che sta ancora seguendo il caso e che nel settembre 2022 ha depositato sullo stesso una relazione finalizzata a stimolare nuove indagini nonché una revisione processuale per Ciro Imperante, Luigi Schiavo, Giuseppe La Rocca (la cui condanna definitiva si basa esclusivamente sulle dichiarazioni del teste d’accusa Carmine Mastrillo: dichiarazioni inverosimili, illogiche, prive di riscontri, non sorrette da alcuna prova oggettiva. Dichiarazioni che lo stesso Carmine Mastrillo ritrattò in Corte d’Assise a Napoli nel 1986. Ritrattò la ritrattazione solo perché ebbe paura di essere arrestato dopo l’avvertimento del pubblico Ministero Vignola. Il Codice di procedura penale Rocco, ancora in vigore nel 1986, stabiliva l’arresto per una ritrattazione in quanto 40 anni fa era ritenuta falsa testimonianza).
La Commissione parlamentare antimafia ha chiesto, nella sua relazione del settembre 2022, che Carmine Mastrillo sia nuovamente ascoltato sui fatti.
Lui e Silvana Sasso sono certamente i custodi della verità sulla reale identità di Gino detto Tarzan tutte lentiggini (il mostro che ha ucciso Nunzia e Barbara).
a cura di Daniele Spisso