Si è tenuto giovedì 15 dicembre il pellegrinaggio del Settimo Decanato della Diocesi di Napoli presso il Pontificio Santuario della Beata Vergine Maria di Pompei.
Il pomeriggio di preghiera ha visto la partecipazione di circa 700 fedeli appartenenti alle diverse parrocchie del Decanato ed è cominciato alle ore 17.00 con la catechesi del Rettore del Santuario, Mons. Pasquale Mocerino, che ha avuto modo di ricordare i 150 anni dall’arrivo a Pompei del Beato Bartolo Longo, in occasione del “Giubileo Longhiano” a lui dedicato.
A seguire, la recita del Santo Rosario alle ore 18.00 con la possibilità di confessarsi e, a conclusione della serata, la Santa Messa alle ore 19.00 dove Mons. Doriano Vincenzo De Luca, Decano del Settimo Decanato e parroco dell’Immacolata Concezione di Capodichino, ha celebrato e durante l’omelia ha sottolineato l’importanza di guardare oltre le avversità di questi periodi per scorgere in queste un nuovo inizio: “Oggi guardando a Maria, dinanzi alla complessità così di un tempo storico, siamo venuti pellegrini qui per chiedere alla nostra Madre di diventare nostra compagna di viaggio, promettendole di tenerla accanto a noi, senza relegarla nella nicchia di un altare. Anche il beato Bartolo Longo ha saputo guardare oltre, lontano. Vide in una terra abbandonata e infestata da degrado e malavita, non un luogo al quale voltare le spalle, ma il punto di partenza per un nuovo inizio. Dio crea storia partendo non da una legge, ma dall’ascolto del dolore della gente: per quanto possiamo contemplare l’azione di Dio non riusciremo mai a conoscerlo fino in fondo: Dio ci trascende, non può essere com-preso: se lo comprendiamo non è Dio, diceva Sant’Agostino.”
Centro del pellegrinaggio e dell’omelia di Mons. De Luca è stato il XXXI Sinodo della Chiesa di Napoli, percorso fondamentale per cogliere le sfumature del nostro tempo: “La gioia davanti all’opera di Dio consiste nel guardare, lasciandosi liberare dalle idee autoreferenziali, che molto spesso costituiscono le sbarre della nostra prigione interiore. In questo sta il senso del nostro percorso sinodale. L’uomo è in cammino. O meglio, è un cammino. Chiamato a fare dei passi, chiamato a percorrere strade e sentieri, per dare senso ad un tempo e ad uno spazio più grandi di lui. La vita è un cammino. Anche la Chiesa è un cammino, e questo cammino oggi ha la forma di un Sinodo: siamo tutti chiamati a condividere in che modo stiamo camminando con Gesù e con i fratelli per annunciarlo, e ad ascoltare per il domani cosa lo Spirito sta chiedendo alla nostra Chiesa per crescere in questo cammino. Questo cammino è, dunque, anzitutto, un cammino spirituale. Il Sinodo non è un processo politico, non stiamo cercando la maggioranza; non è una raccolta statistica o un’indagine sociologica; non è una raccolta di opinioni personali o interessi particolari. È un cammino di ascolto dello Spirito, personale e comunitario, per riattivare in noi desiderio e azione per annunciare Gesù Cristo Risorto. La sfida è di ascoltare tutte le voci, soprattutto quelle più lontane dalla Chiesa: tutti siamo in cammino per condividere questa strada di ascolto e dialogo reciproco. Chi cerca Dio, cari fratelli e sorelle, trova sempre la gioia, mentre chi cerca la gioia non sempre trova Dio. Perché l’uomo non è fatto semplicemente per essere felice, ma per avere una ragione che lo renda felice. Questa “ragione” ha un volto e ha un nome. Si chiama Gesù.”
Sara Finamore